Beartooth "Aggressive"

Francesco Sicheri 23 set 2016
Una delle più violente sensazioni del settore metal si chiama Beartooth, band metalcore in attività da pochi anni e capitanata da Caleb Shomo; dopo Sick (Ep del 2013) e Disgusting (2014), la compagine residente in Ohio torna con un nuovo album, Aggressive (Red Bull Records), immediatamente pronto a far breccia nel cuore di chi trova serenità soltanto nelle improvvise sfuriate di riffing spietato alternate a sezioni melodiche dalle radici pop.

Spesso nel metalcore, genere a cui la band di Columbus può essere ascritta senza alcun timore, accade però che la dicotomia aggressione/melodia si ripeta in un susseguirsi concatenato di situazioni già ascoltate e reiterate all’infinito. Certo, non si può affermare in maniera univoca che le uscite appartenenti a tanto vituperata sfera estrema siano sempre suscettibili della stessa tipologia d’analisi, ma bisogna ammettere che il più delle volte la maggior parte di queste produzioni si assesta su canoni ormai inamovibili.

Accolti come portatori di grande freschezza fra le fibre di un ambito spesso nel mirino dei fan più conservatori dei generi estremi, i Beartooth fondono all’interno di un contenitore affermato, una miscela che fa sfoggio di riff pesanti e sgraziatamente cadenzati, corse hardcore, ritmiche ...
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info recensione

BEARTOOTH
Aggressive
Reb Bull Records
punk e affilati slanci al limite del death, senza dimenticare però di cucire il tutto con trame melodiche che dal pop punk di inizio anni ‘90 pescano senza alcuna vergogna. Proclami a parte, addentrandoci in maniera considerevole nella tracklist, sorge un dubbio che finisce per essere fra i quesiti più importanti: con un titolo come Aggressive, le promesse della band sono state rispettate? Rispondere non è così semplice. Indubbiamente la band riesce ad assestare qualche colpo deciso e cruento, ma niente squarcia o scalfisce mai a fondo. Aggressive è un album più che mai melodico, a tratti smielato, molto meno famelico di quanto il suo titolo voglia far intuire; con i testi inneggianti all’ennesima rivolta degli oppressi che non spingono un album, con molti aspetti positivi, all’affermarsi come punto di stacco dalla media. La ruffianeria pop/punk di alcuni, o forse molti (ancor meglio: troppi!) istanti, marchia a fuoco il mood di un prodotto che finisce per poter essere amato maggiormente dai neofiti piuttosto che da chi bazzica il genere da molto più tempo.

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