Anvil, Pounding The Pavement

Patrizia Marinelli 25 gen 2018
Inseriti di diritto nell'Olimpo dell'heavy metal, alla stregua di gruppi quali i Metallica, gli Slayer o gli Anthrax, gli Anvil hanno superato ormai da tempo le diffidenze di chi li aveva relegati in posizione di inferiorità rispetto ai più blasonati e sopracitati colleghi, riuscendo a superare difficoltà e cambi di lineup ed arrivando a festeggiare i quaranta anni di attività con un nuovo cd, Pounding The Pavement. Si tratta del diciassettesimo lavoro del gruppo originario dell'Ontario, Canada, che si formò nel 1978 con il nome di Lips per poi diventare Anvil tre anni dopo.

Sebbene non sia certo all'altezza di come Metal on Metal (1982) o Forged in Fire ( 1983), Pouding the Pavement è la prova della perseveranza del cantante e chitarrista Steve “Lips” Kudlow e del batterista Robb Reiner, i due leader e compositori della band che non hanno mai mollato e che con il tempo si sono guadagnati il rispetto della comunità metal mondiale. Il nuovo disco prosegue il percorso iniziato dal precedente Anvil is Anvil del 2016, ma senza ripetitività e soprattutto senza noia. La band anzi sta dimostrando di essere stata a lezioni di omogeneità e forse per la prima volta Lips, ...
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Anvil
Pounding The Pavement
SPV/Steamhammer
Robb, e il bassista Chris Robertson, alla sua seconda prova insieme agli Anvil, hanno trovato un'assoluta armonia con Lips e Robb in perfetto equilibrio tra di loro.

Il resto è puro “Anvil sound”, che di certo ha visto una rinascita dopo l'ottima chance avuta nel 2009 con il docu-reality musicale Anvil! The Story of Anvil. In Pounding the Pavement nessun elemento che ha fatto grande gli Anvil sembra mancare: buon heavy metal, un po' di onesto rock'n'roll, riff catturanti, vocals sprezzanti ed aggressive, e un gran lavoro alla batteria. Su tutto l'attitudine al “fun” che Lips e compagni non hanno mai messo da parte, e che è evidente già dal pezzo che apre la scaletta particolarmente ricca ovvero: Bitch in the Box con power riffs e dei chorus che entrano immediatamente nella testa. Si procede con la stessa energia con Ego, quindi gli Anvil guardano al passato con Doing what I Want, quasi un tributo nello stile al compianto Lemmy dei Motorhead. A seguire uno dei pezzi esemplari del cd Smash your Face, quindi è la volta dello strumentale Pounding the Pavement dove tutta la distruttiva grinta di Reiner è in grande evidenza.

Rock that Shit strizza l'occhio al blues rock'n'roll, poi si va avanti con Nanook of the North, un omaggio ai canti Inuit, con il tipico tribal feel delle antiche popolazioni canadesi. “Ricordo di aver frequentato un corso al College of Movie History,” - ha raccontato Kudlow - “quando vidi uno dei miei primi documentari in assoluto ed era su gli Inuit. Feci alcune ricerche su internet riguardo il loro modo di cantare. A quel punto sapevo cosa fare: scrivere una canzone in quello stile. Quel documentario risaliva al 1920 e si intitolava Nanook of the North, il nome del protagonista. Così in un sol colpo ho trovato il titolo e il soggetto della mia song”.

Colpiscono il groove e il sapore doom di World of Tomorrow, forse un po' melanconica e meno apprezzata dalla critica, ma si chiude bene con il drum shuffle di Warming Up, altro esempio della gran forma di Robb Reiner. C'è anche una bonus track, Don't Tell Me, che corona uno degli album nel contesto più armonici e ben riusciti degli Anvil degli ultimi anni, con testi insolitamente molto curati e sicuramente più profondi di quanto non succedesse nel passato, testi che mostrano una maggiore maturità del gruppo rispetto ai classici anni '80.


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