Dave Lombardo (Slayer) DrumClub Dicembre 2006

Paolo Battigelli 01 dic 2006
Per quanto sia un azzardo cercare di prevedere quale direzione prenderà il corso evolutivo della musica rock metal, soprattutto in una realtà complessa e cangiante come quella attuale, alcuni punti fermi restano. Inamovibili. Gli Iron Maiden e i Metallica, ad esempio. Insieme agli Slayer. Inossidabili, tetragoni ad ogni possibile influenza esterna: una coerenza artistica asintoticamente tendente all’infinito. Impossibile farne a meno, impensabile sorprendersi ad ogni nuova uscita dal momento che la ricetta, comunque vincente, è e rimane quella.

Un nome una garanzia. Era un lustro che la band di Tom Araya e Kerry King mancava dagli scaffali dei negozi ; un silenzio accompagnato da illazioni, voci contraddittorie, sussurri simili a grida : poi, con il ritorno all’ovile di Dave Lombardo, prende forma il nuovo album.

I quattro Cavalieri dell’Apocalisse sellano i loro destrieri e si scatena nuovamente l’inferno. A tinte cupe, grevi, tetre, fosche. Un senso di disagio, di inconscio malessere affiora dai brani accompagnandosi ad una rabbia ed una energia debordanti. Christ Illusion, questo il titolo , gronda sangue e perversione passando dalla religione alla guerra, dal mistero alla violenza brutale.

La quintessenza dello Slayer sound, in cui Kerry King ...
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info intervista

Slayer
Dave Lombardo
conferma la luciferina predilezione per gli argomenti a sfondo religioso, Tom Araya la propria predisposizione a parlare di violenza e serial killer e Jeff Hanneman il suo penchant per le storie di guerra. Temi tutt’altro che politically correct da sempre protagonisti , ma che questa volta paiono possedere una maggiore carica, adombrare poteri ancor più nefasti.

Christ Illusion insomma colpisce duro. Sin dalla copertina. Un Cristo dalle mani mozzate immerso sino alla cintola in una melma putrida da cui fanno capolino teste decapitate e arti smembrati. Munch e Bosch ci sarebbero andati a nozze, Freud pure. Un album sconsigliato a cardiopatici e persone facilmente impressionabili ma un giardino delle delizie (riecco Bosch) per ogni fan del quartetto americano, i cui tratti predominanti sono sostanzialmente due : il potere compositivo di Kerry King , la struttura lirica dell’intero lavoro è quasi totalmente nelle sue mani, e il ritorno di Dave Lombardo.

Soprattutto quest’ultimo. Il batterista che non deve provare mai, le bacchette che naturalmente riescono ad impreziosire il sound, il talento naturale capace di estrarre dal cappello a cilindro numeri di alta scuola con la massima nonchalance. Ascoltatevi Catatonic, Eyes of the Insane ma soprattutto l’epica Jihad e un lungo brivido percorrerà la vostra schiena. Prima però di entrare in argomento con Dave, merita riassumere l’iter che lo ha nuovamente portato nei ranghi. Con una premessa: molti furono allora, correva il 1992 quando lasciò il gruppo, a ritenere utopistica una reunion. Ebbene, sbagliavano.

Sebbene, va detto, lo stesso batterista non aveva preso minimamente in considerazione la cosa. Da allora non comprò nessun album dei compagni disinteressandosi della pratica Slayer. I quali assoldarono l’ex drummer dei Forbidden (ora con gli Exodus) Paul Bostaph, destinato a rimanere in organico per dieci anni. Tra i due, come vedremo, c’è indifferenza: sentimento ben peggiore dell’amore o dell’odio. Dave riassumerà: “Il mio è feeling, il suo è no feeling”. Nel 2001 Paul se ne va e viene richiamato l’ex socio fondatore, ora in veste di semplice session man. Sostituto temporaneo.

Nel frattempo la band ascolta innumerevoli demo alla ricerca del giusto rimpiazzo. Nulla. In effetti pare impossibile ben figurare di fronte all’originale. Chiedetelo a Joe Nunez dei Soulfly. Comunque sia, un lustro più tardi Dave è ancora un impiegato, pur di concetto, nell’azienda Slayer. Nel 2004 la svolta, grazie al DVD Still Reigning capace di catturare tutta l’energia belluina, la forza devastante di quel memorabile tour. Con tanto di getti di sangue finto durante la chiosa Raining Blood. Il nostro, al comando di una corazzata capace di sputare fuoco e fiamme, è il vero protagonista consegnando lo show direttamente dalla mera cronaca alla leggenda. Intanto, nel 2003, lo troviamo in sala ad incidere alcuni demo con Kerry King.

Almeno è ciò che crede. In realtà si tratta del materiale destinato al nuovo album di studio ufficiale della band, il primo dai tempi di Seasons in the Abyss(90). Successive vicissitudini a livello produttivo, manageriale e discografico procrastineranno il lavoro di un paio d’anni; lasso di tempo durante il quale i nostri si produrranno in uno dei tour più lunghi e di successo. Una palestra preziosa, visto che al momento di rientrare in studio i nuovi pezzi sono ormai entrati nel DNA. Ma Dave è una mente curiosa, sostenitore dell’indipendenza artistica e desideroso di esplorare nuove aree musicali. Ecco allora prendere forma progetti collaterali come i Grip Inc. (Incorporated, 04), i Fantomas di Mike Patton (cinque album all’attivo, tra cui l’eccellente Suspended Animation, 05) e soprattutto la strana coppia formata con DJ Spooky con cui firma Drums of Death. Oltre a collaborare con illustri esponenti del jazz free-form come John Zorn, Bill Laswell e Fred Firth.

Cominciamo dall’inizio, siamo nel 1992 e decidi di andartene. Nessun rimpianto?
Perché mai? Fu una decisione mia, ponderata e definitiva. Avevo bisogno di respirare altra aria, sono un sostenitore dell’indipendenza artistica perché ognuno ha diritto di sperimentare, esplorare nuove terre, dischiudere nuovi orizzonti. Se a questo aggiungi che non sono capace di stare fermo più di dieci minuti capisci perché mi sia dato subito da fare. Ho suonato con i Grip Inc. (Nemesis '97 è un gioiellino ), con i Fantomas di Mike Patton e alcuni membri dei Melvins, band che adoro. Dei miei ex compagni ho perso le tracce, persino i loro album mi sono stati regalati: insomma, non pensavo certo di tornare sui miei passi. Senza serbare alcun rancore, sia chiaro, non c’è mai stata acredine tra noi.

Nel frattempo il tuo posto fu preso da Paul Bostaph. So che non è politicamente corretto, ma potresti esprimere un giudizio su di lui?
Quanto è stato con loro, dieci anni? Ha avuto modo di ambientarsi, migliorando il proprio stile.

Una risposta meno diplomatica?
L’ho detto altre volte. La differenza è semplice : il mio modo di suonare esprime un preciso feeling mentre il suo è asettico, suona cioè come una macchina programmata in un certo modo. In fondo, è ciò che distingue un batterista: il sentimento, il groove che riesce a mettere in ciò che fa. Un dono, alcuni l’hanno altri no .

Nel 2001 sei richiamato nei ranghi. Sorpreso?
Perché mai? Quando mi ha telefonato Kerry offrendomi il posto di batterista degli Slayer (sorride) è stato davvero grande. Naturalmente ho accettato. Anche se, come da accordo, venivo assunto temporaneamente. Certo che però vedere davanti a me sul palco Kerry, Jeff e Tom faceva un effetto strano! Musicalmente è stato un po’ come andare in bicicletta, una volta imparato non te lo scordi più.

Raccontami del tour da cui è tratto il dvd Reign in Blood. E’ vero che sul palco avevi due drumset?
Un incubo, ancora oggi mi sveglio la notte in preda al panico. Però è stato fantastico. L’idea era di far sgorgare fiotti di sangue finto durante Raining Blood. Così approntammo uno speciale set dal quale fuoriuscivano getti di liquido rosso che ci finivano addosso arrivando sin sul pubblico. Una trovata di grande effetto ma per me un momento che attendevo con terrore. La dita scivolavano sulle bacchette imbrattate e dai capelli mi scendevano rivoli sanguinolenti . Quel set veniva usato ogni sera solo per quel brano, fortunatamente. A fine show rimanevo sotto la docce per ore e comunque continuavo ad avvertire un senso di fastidio. Guardando quel video però mi rendo conto di come un semplice concerto possa diventare qualcosa di assolutamente speciale rimanendo impresso nella mente per lungo tempo.

Nel frattempo, nel 2003, ti ritroviamo in sala insieme a Kerry intento ad incidere quelli che credi siano semplici demo.
Allora ero ancora un salariato, un impiegato della ditta Slayer. Perciò Kerry non si sbilanciava più di tanto. Solo in un secondo tempo, e dopo averli ripetutamente provati a casa mia e sua, capii che si trattava di qualcosa di più: in pratica l’ossatura di Christ Illusion. Il fatto che per quasi due anni fummo costretti a tenerli, come dire, nel cassetto fu frustrante ma, come speso accade, anche le situazioni peggiori nascondono un lato positivo. In questo caso l’aver suonato quel materiale innumerevoli volte prima di varcare la soglia dello studio ci ha permesso poi di lavorare rapidamente e in maniera perfetta. La mia parte è stata completata in tre giorni.

Ufficialmente Christ Illusion è il primo lavoro con gli Slayer dopo 14 anni. E’ cambiato qualcosa, musicalmente parlando?
Non molto. Ho cercato, questo si, di avere un approccio più creativo; allora c’erano confini che non osavo oltrepassare. Nessuna imposizione, beninteso, ero io che non avevo il coraggio di sperimentare. Oggi è diverso. Anche perché le esperienze fatte in questi anni al di fuori del gruppo mi hanno permesso di acquisire un bagaglio tecnico e oserei dire culturale che ho potuto mettere al servizio della band; anche se in effetti Kerry e Jeff sono parsi restii a uscire troppo dal seminato.

Qualche vantaggio però è innegabile. Basta ascoltare l’album per rendesi conto come il tuo apporto, rispetto al passato, abbia un peso maggiore all’interno della struttura sonora.
Il loro modo di comporre e suonare è rimasto quello di allora e non è una critica, sia chiaro: è il mio ad essere cambiato. Nello specifico un suono di chitarra può essere accompagnato da diversi tipi di drum beat: oggi, con l’esperienza accumulata, sono in grado di offrire a Kerry o Jeff una varietà di opzioni tra cui scegliere. Da questo punto di vista ritengo che gli anni trascorsi al di fuori della band siano stati, artisticamente, tra i più ricchi e formativi della mia carriera. Se fossi rimasto non avrei potuto fare quelle esperienze e ciò mi avrebbe impedito non solo di migliorami tecnicamente ma proprio di ‘rimodellarmi’ come batterista.

Sei famoso per la tua tecnica sulla cassa. Come e quanto è migliorato il tuo stile in questi anni?
Diciamo che se riascolto le ultime cose fatte con gli Slayer prima del 1992, l’album Decade of Aggression
ad esempio, mi rendo conto che è decisamente mediocre. Ed è un giudizio benevolo, credimi. Il problema era che avevo perso contatto con la mia batteria, nel senso che i tecnici assemblavano il set badando alle loro esigenze, al loro gusto musicale. Lo sgabello, per dire, era posizionato troppo in alto. Mi dovevo inchinare per suonare e questo mi danneggiava la spina dorsale, impedendomi di muovermi come avrei voluto. Oggi è posto in modo che le gambe formino un angolo di 90°, dunque più confortevole.

Inoltre, sei mancino.
Si, e il bello è che suono kit per destri. Uso le bacchette da destro ma scrivo con la sinistra e a calcio sono mancino. Le parti di ‘double bass’ partono con la sinistra, il che non accade alla maggior parte dei batteristi metal.
Un suggerimento per sfruttare al meglio la mia tecnica è stare attenti alla testa e ai pedali. Il capo non deve ondeggiare ma stare sempre fermo e i pedali essere posti un quarto di pollice più in alto rispetto alla posizione canonica. Per questo mi piace il modello Iron Cobra della Tama, perché puoi apportare le modifiche che vuoi. Per ciò che riguarda la velocità ritengo si debba usare un metronomo, tenendo a mente che si comincia sempre lentamente per poi aumentare progressivamente . Infine, il click. L’ho usato in questo album e mi ha aiutato molto.

Si dice tu non gradisca molto i soundcheck.
In effetti non provo molto, cosa che invece dovrei fare, lo so. E’ vero che al soundcheck non mi presento. Arrivo pochi minuti prima di salire sul palco, mi bevo un buon caffé per sgranchirmi i muscoli e schiarirmi le idee (Dave ha sempre una macchinetta pronta all’uso dietro il suo drum kit) e quando si accendono le luci parto in quarta. Un’abitudine che ho sempre avuto.

Sei considerato uno dei pionieri dello speed - metal drumming. Come definiresti il tuo stile, e quali potrebbero essere i brani più rappresentativi del Lombardo style?
Direi che è brutale e potente, ma anche innovativo e veloce. Come pezzi sceglierei Ghost of War (da South of Heaven), Angel of Death (da Reign in Blood) e Captor of Sin (da Haunting the Chapel). Se invece parliamo di Christ Illusion opterei per Jihad e Eyes of the Insane. La prima è un pezzo di Kerry, il quale me la presentò ancora allo stato embrionale dandomi carta bianca; l’altra porta la firma di Jeff e il suo modo di operare è alquanto diverso: solitamente programma tutto in una drum machine e poi viene da me chiedendomi di aggiungendo alcune linee guida. Due modi diversi di lavorare, che necessitano un approccio particolare.

Curi molto l’aspetto visivo durante il live?
Diciamo che cerco di farmi notare. E questo capita con tutti quelli con cui suono. Sai che palle vedere un batterista intento a suonare fermo come una statua, senza muovere un sopraciglio: di una noia mortale. Anche l’occhio vuole la sua parte, soprattutto se sei su un palco. Senza esagerare, ma cercando di coinvolgere il pubblico. Riguardo il solo per sé nutro sentimenti contrastanti. Il tempo dei soli da 20 minuti degli anni 70 è ormai lontano, sebbene Moby Dick di Bonham o un bel solo di Ian Paice rimangano ancora godibili, dunque non sono favorevole, soprattutto se sei in una band come gli Slayer; d’altro canto cullo da anni l’insano desiderio di incidere un album per sole percussioni.

Ne ho sentito parlare. A che punto è?
Ci sto lavorando non so da quando. Si tratta di un album che mi vede unico protagonista, insieme ad una tastiera, una batteria e un set di percussioni. Incido un beat, ci aggiungo qualcosa e poi ancora qualcosa sino a che non diventa una composizione completa. Ciò che ancora mi manca sono alcuni overdub di bongo e timbale. Ovviamente ci lavoro nel tempo libero, come dire che ultimamente non riesco più a metterci le mani.

Come lo descriveresti musicalmente?
Credo sia inclassificabile. Diciamo che potrebbe avvicinarsi alla world music o ad una colonna sonora. Metal? Non credo proprio.

Una definizione invece di Christ Illusion?
E’ qualcosa di più di un semplice album degli Slayer. E differente, sotto molti punti di vista. E’ presente una vibrazione nuova, un feeling diverso rispetto agli album incisi in mia assenza. Lo definirei un punk feel, proprio degli Slayer originali. Un concentrato di adrenalina e puro entusiasmo.

A proposito di adrenalina ed entusiasmo, mi racconti come è andata quella volta insieme ai Metallica?
Credo che tecnicamente si possa affermare che ho fatto parte dei Metallica, pur per pochi minuti. Accadde al Donington Festival , nel 2004. Lars Ulrich non si sentiva bene e subentrai io per alcuni minuti, sino a che il posto venne preso da Joey Jordison (Slipknot) un paio di canzoni più tardi. Mi divertii molto.

Riguardo agli impegni extra Slayer sei passato dal free jazz di John Zorn e Fred Firth al funky di Dj Spooky.
I generi sono decisamente diversi, ma mi sono sempre divertito a suonare musica d’avanguardia: è stimolante, una sfida che impegna mente e corpo. Parlando di DJ Spooky, confesso che mi è sempre piaciuto l’hip hop e il suo beat. Sebbene si basi essenzialmente sull’elettronica riesce a trasmetterti un ritmo, un groove capace di penetrare in profondità arrivando direttamente ai gangli nervosi. Come un click che fa scattare un meccanismo. In alcune canzoni di Drum of Death canta Chuck D e le basi di batteria le abbiamo incise a casa mia in due giorni: lui scratchava su
alcuni suoi CD e io lo accompagnavo. Proprio in questi giorni ho saputo che una nostra canzone verrà usata nella colonna sonora del film Code Name: The Cleaner.

E veniamo alla stretta attualità, l’Unholy Alliance Tour.
Una festa itinerante, un divertimento assoluto. Stiamo registrando vari show per un prossimo DVD che dovrebbe essere disponibile entro fine anno. Ho sempre amato questi ‘carrozzoni’ che si spostano di città in città; mi ricorda il circo, da piccolo non ne perdevo uno.

Quale è stata la tua performance migliore, più gratificante al di fuori degli Slayer?
Ad un jazz festival, a Parigi. Insieme a John Zorn, Fred Frith e Bill Laswell (il famoso dub producer), demmo vita ad una 'improvvisazione' sonoro visiva che entusiasmò i presenti.

Un fatto increscioso?
Quella volta, era il 1986, a Brooklyn. Stavo a stretto contatto col pubblico pronto a gettare le bacchette quando un paio di membri della sicurezza mi hanno placcato. Ho cercato di allontanarli creando un pandemonio sul palco, Marshall per terra e strumenti all’aria; poi, alla fine, me ne sono liberato. Ho urlato ‘grandissimi figli di puttana, io faccio parte della band!’ Per tutta risposta uno di loro mi stampò un pugno in faccia. Ancora oggi, se ci penso, mi incazzo come una bestia.

Cosa ti piace di te e cosa cambieresti?
Bevo molto caffé e Red Bull, sono quasi un addict. Invece odio le giornate no. Divento cupo, intrattabile. Una pessima compagnia.

Cosa pensi della pirateria musicale e di internet?
Non mi piace, non rende un buon servizio soprattutto a chi non scrive la musica perché, almeno loro, percepiscono le royalty dalla vendita dei dischi. Si, per me il download è un pessima cosa.

Raccontami del tuo incontro con una celebrità.
Il più divertente? Quello con Bono. Era in compagnia di Gwen Stefani e io mi avvicinai dicendo ‘hey , sono Dave Lombardo degli Slayer’. E lui: ‘Tu sei il batterista, giusto?’. E io: ‘Certo’. Fu un attimo. Mi guardò , disse ‘oh’ e se ne andò. Rimasi interdetto. Scossi la testa e pensai ‘ah, queste rockstar’.

Chi invece ti piacerebbe incontrare, anche al di fuori del music business?
Al Pacino, nessun dubbio. E’un grande attore, e poi in Scarface interpreta magistralmente un cubano, e io sono cubano.

KERRY KING


E’ stata tua l’idea di rimettere insieme al vecchia band?
In un certo senso sì. E la cosa positiva è che abbiamo riavuto Dave qualche anno prima di tornare ufficialmente in studio, il che ci ha permesso di rodare il motore oliando a dovere le parti meccaniche. Non c’è stata cioè quella tensione tipica di quando si ricomincia. Riguardo Dave lo abbiamo ribattezzato ‘cane sciolto’ perché, anche nel caso abbia già una struttura precisa del brano in mente, non sai mai cosa può accadere. Soprattutto sul palco. A volte inizia in anticipo e ti chiedi ‘cazzo, dove andrà a parare?’. Poi torna nei ranghi, per fortuna, ma quei secondi paiono non finire mai.

Come è stato tornare a lavorare in sala con Dave?
Grande. Eravamo tutti con lui quando incideva le sue parti; per dargli una linea guida, un riferimento. Agitavamo le mani, scuotevamo la testa, gli facevamo dei cenni. Insomma, come ai vecchi tempi.

Mi risulta che Christ Illusion sarebbe dovuto uscire il 6 giugno (leggi 6/6/06). Dopo tutto non siete nuovi a strane coincidenze temporali.
Tutto è iniziato con God Hates Us All, pubblicato l’11 settembre 2001. Sinistro, vero? Così stavolta abbiamo scelto 6/6/06 ma purtroppo una serie di contrattempi ci ha obbligati a posticipare tutto. Problemi di salute per Tom (il quale, guarda caso, è proprio nato il 6/6/61), con la nostra etichetta e a livello produttivo. Solitamente l’etichetta ci prega in ginocchio di entrare in studio per incidere un nuovo album, stavolta invece ha fatto di tutto per impedircelo. Il materiale era già praticamente pronto (Catalyst risale ai tempi di God Hates Us All), ma per mesi ci hanno ‘vietato l’ingresso’.

La vostra è sempre stata una posizione defilata rispetto al mainstream. Dispiaciuti?
Assolutamente no. L’unica volta che ci siamo per così dire avvicinai allo standard radiofonico è stato quando abbiamo inciso il classico del 1968 degli Iron Butterfly In a Gadda Da Vida (per la colonna sonora del film Less Than Zero, 87). Pensa che ancora oggi capita che il Dj di un’emittente prima di un’intervista lo mandi in onda come biglietto da visita . Porca puttana, con centinaia di brani proprio quello devono pescare?

Dave Lombardo setup


Batteria Tama Starclassic
24 X 18 Bass Drum
14 X 5,5 Bronze Sanre Drum
8 X 7 Tom
10 X 9 Tom
12 X 10 Tom
13 X 11 Tom
14 X 12 Tom
15 X 13 Tom
18 X 16 Floor Tom
20 X 16 Floor Tom

Piatti Paiste
15” Rude Sound Edge Hi-Hats
18” 2002 Novo China
16” Rude Crash/Ride
17” Rude Crash/Ride
18” Rude Crash/Ride
22” Signature Power Ride
22” 2002 Novo China

Pelli: Remo
Bacchette: ProMark 2BX Signature
Percussioni: Meinl
Microfoni: Shure

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