Da 12 anni dietro i tamburi degli Chic, Ralph Rolle è anche uno tra i più stimati e ricercati sessionmen a livello internazionale e Nile Rodgers, Sting, Stevie Wonder, Paul Simon, Aretha Franklin, Chaka Khan, Lady Gaga, Elvis Costello, Chris Botti, Slash, Prince… sono soltanto alcuni degli illustri artisti che hanno beneficiato del suo drumming possente, dritto e ficcante.
È anche uno stimato produttore, Ralph e, come dicevamo sopra, da 12 anni siede dietro la batteria degli Chic, la band-fenomeno-di-fenomeni, inarrestabile sin dagli anni Settanta. Non solo. Per 14 stagioni Ralph è stato nella house band della serie “NBC It’s Showtime at The Apollo” ed è stato il sostituto numero uno di Anton Fig al The David Lettermann Show.
Nel 1990 Ralph Rolle ha fondato la Phat Kat Productions Inc, una casa di produzione attivissima nel circuito delle colonne sonore e dei jingle pubblicitari. È docente alla LIPA, la scuola di musica e performing arts fondata nientemeno che da Sir Paul McCartney (a Liverpool) e, quando non è impegnato in studio o in tour, porta in giro per il mondo le sue masterclass di batteria, in cui le sue doti di intrattenitore e musicista talentuoso diventano una lezione/spettacolo
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Adora i biscotti al cioccolato, Ralph, al punto da aver fondato The Soul Snacks Cookie Co., una pasticceria tutta sua in quel di New York (più una filiale a Tokyo). Questa attività è fortemente impegnata nel sociale e non è un caso che, a 50 anni “suonati”, il suo motto resta “Persistence Overcomes Resistance” [la tenacia vince la resistenza] Per conoscere un po’ meglio il suo variopinto universo, abbiamo messo Ralph Rolle sotto torchio in questa intervista esclusiva per noi di Drum Club…
Come e quando ti sei innamorato della batteria? Ero un tenero ragazzino di 9 anni quando il ritmo iniziò a pulsarmi nelle vene. Mio fratello maggiore Howard, che imitavo in tutto e per tutto, suonava e così mi ritrovai a suonare anche io… Tenevamo la batteria montata in mezzo ai nostri due letti. Non perdevo occasione di sfidarlo, e soprattutto di sfidare me stesso, per attirare la sua attenzione. Howie è sempre stato un avido appassionato di musica ed è merito suo se ad oggi sono riuscito a fornire il mio know-how di una varietà impressionante di stili e generi. Quando ripenso al mio vissuto musicale sgrano gli occhi io stesso per primo… a tutt’oggi, non ci posso credere! Sono stato indubbiamente fortunato, anche se è soprattutto il lavoro duro e l’eterna fame di conoscenza a portarti lontano. Anche nella musica.
Quale ritieni sia la tua peculiarità? Sono mancino, mentre mio fratello suonava da destro. Lui mi stuzzicava dicendo: “non ce la farai mai a suonare la mia batteria con la tua dannata impostazione al contrario!” Detto? Fatto! Ho finito col diventare un batterista mancino seduto dietro un kit per destrimani. E poter suonare a mani aperte mi permette a tutt’oggi maggiore dinamicità nei passaggi rispetto all’impostazione più classica a mani incrociate.
Sei di New York, per la precisione del Bronx, uno dei quartieri più duri: pensi che la tua passione per uno strumento che presuppone un approccio molto fisico fatto di energia, potenza, forza e in un certo senso di sfogo, sia in qualche modo correlata con l’ambiente in cui sei cresciuto? Concedimi una precisazione: questa fama violenta del Bronx resta più che altro legata al mondo del cinema. L’alto tasso di criminalità è un fattore esistente un po’ in tutti i quartieri di New York e il Bronx non fa certo eccezione con le sue problematiche… eppure, come tutti i posti più caratteristici e speciali al mondo, ha sempre avuto il suo stile, oltre che un fascino spiccato. Il mambo e l’hip-hop, ad esempio, sono dei buoni frutti del Bronx e del sangue misto che scorre da noi: preferisco guardare al risvolto positivo dell’ambiente brulicante in cui sono cresciuto… Prendi ad esempio l’Irlanda: ho molti amici musicisti laggiù, mi raccontano che negli anni Settanta da loro c’erano posti di blocco ovunque, si trovavano costretti a scaricare tutta la strumentazione anche più volte al giorno durante ogni sacrosanto viaggio, dovendo provare di non nascondere armi o esplosivi all’interno delle custodie… Ecco, da noi nel Bronx non ci sono mai stati posti di blocco così! Prevale la bellezza della musica; questo per dire che tragedia e trionfo si celano in ogni quartiere difficile del mondo. Certo, tutte le esperienze che un musicista affronta durante la sua esistenza influenzano inevitabilmente ispirazione e modo di suonare, ma la musica diventa la cassa di risonanza delle sue emozioni e le trasforma in arte. Ogni batterista, in un certo senso, sfoga le proprie frustrazioni sul proprio kit: per me la batteria rappresenta una combinazione di elementi musicali… La fisicità, l’energia, la potenza e la passione si muovono dentro me creando un’esplosione di arte ed emozione, veicolando così la mia ispirazione meglio di qualsiasi altro linguaggio.
Hai subito considerato questo tuo talento come un’opportunità di lavoro o all’inizio hai semplicemente seguito l’istinto? Essendo cresciuto senza un padre, mio fratello maggiore è stato la mia unica figura paterna. Ero la sua ombra, volevo solo che fosse orgoglioso di me e trovare costantemente interessi comuni per poter trascorrere più tempo possibile con lui. Perfino la batteria, all’inizio, è stata soltanto un veicolo per cercare il suo affetto ed io non smetterò mai di ringraziarlo per avermi involontariamente indicato la strada giusta, proprio come un padre sa fare! Tutto questo durò finchè lui non scoprì prima di me – essendo di 6 anni più grande – la gioia di correre dietro alle ragazze… Più tardi ho capito anch’io perchè gli piacesse così tanto, ma sul momento la cosa non mi piaceva affatto! [ride] Il lavoro è sempre stato un cruccio per me. Scelsi inizialmente di studiare ingegneria meccanica e, indovina un po’ quale ramo aveva scelto mio fratello? [ride] Però, l’idea di vedermi chiuso in un ufficio 8 ore al giorno per il resto dei miei giorni non faceva al caso mio e così, spinto dal mio animo altruista, optai per un impiego da consulente di collocamento, come mia sorella, per poter aiutare il prossimo a trovare un lavoro. Ma non funzionò… roba da ufficio anche quella, e poi dovevo prima di tutto trovarlo per me il lavoro giusto! Poi la folgorazione definitiva: la mia strada era la batteria! Non mi importava se non mi garantiva un assegno a fine mese, volevo seguire solo la mia passione, senza fare troppi programmi: per stare bene con me stesso e far stare bene gli altri con la mia musica. Un approccio fondamentale, che non ho mai perso negli anni: lasciarmi andare completamente, mi ha aiutato a non perdere mai la strada. La mia è una storia di pura passione… Ricordo ancora quando vidi il mio primo concerto, all’Apollo Theatre di NY: avevo solo 10 anni e su quel palco c’era Michael Jackson con i Jackson 5… Qualche anno più tardi su quel palco ci sono salito anch’io, con gli occhi lucidi, e ci ho suonato da titolare per 20 anni… I sogni sono desideri, basta crederci fino in fondo e non perdere mai di vista l’obiettivo primario, al di là del guadagno immediato.
Pensi che la disco abbia influenzato il tuo stile in maniera definitiva? La disco-music è divertimento allo stato puro… non so, come sfrecciare sui roller blade! È la classica musica che ti stampa un sorriso in faccia all’istante. Anche lì, puro caso: mi sono dato alla disco inizialmente per trovare più ingaggi possibili nei locali e per suonare, suonare, suonare. La domanda più ricorrente nel circuito era: “hey, la sai fare Pea Soup?” Alla fine l’ho imparata questa benedetta Pea Soup, iniziando me stesso a quel groove danzereccio in cui mi sono ritrovato irrimediabilmente invischiato… non dimenticherò mai quel momento, quella sensazione! Lo stile che però mi ha influenzato in assoluto è tutto l’universo Motown: da ragazzino me ne stavo incollato alle radio che trasmettevano solo musica nera. Io e mio fratello abbiamo imparato molto di quello che sappiamo fare sulla batteria accompagnando i groove di quelle hit.
Nile Rodgers è un autentico genio della musica: com’è lavorare al suo fianco? Lavorare con Nile è uno di quei picchi artistici giudicati inarrivabili. Qualsiasi cosa lui faccia è una lezione, che si tratti di business o di vita, lui è un numero 1, sempre! Vederlo lavorare con quella sua naturalezza, è una boccata d’aria fresca… Dall’alto del suo innegabile livello, non è certo un despota, anzi, è molto umile, aperto più di quanto si possa immaginare a suggerimenti e nuove idee. In pratica, mi ritrovo immerso nel talento assoluto in una band così: ogni membro degli Chic è un compositore e/o produttore nato; vige un rispetto incredibile, non ci sono mai prevaricazioni nè a livello artistico nè tanto meno umano. Anche questo atteggiamento democratico fa parte della genialità di Nile: lui sa sempre tirare fuori il meglio da chi ha di fronte, nell’assoluta libertà d’espressione creativa, allo scopo di non interrompere mai il flusso della musica. Una dote che solo i più grandi hanno, e io cerco di assorbire più che posso, come una spugna! Consiglio a tutti la lettura della sua autobiografia, Le Freak, è come un trattato di filosofia per musicisti. Giuro! Non dimenticherò mai la mia prima volta con gli Chic… mi tremavano anche i lobi delle orecchie! A fine concerto ho ringraziato Dio di quella che già così era stata l’opportunità della vita. Mentre ero pronto a levare le tende, ecco che Nile mi offre il posto fisso. Per me è stato come vincere la lotteria! Che colpo, in ogni senso!
Cosa ha reso gli Chic immortali anche dopo l’ondata della disco? Facile! Gli Chic sono un vero e proprio universo musicale… jazz, funk, R&B e soul, melodie incantevoli e musica d’autore, per di più eseguita da alcuni dei migliori musicisti e cantanti sulla faccia della terra… una bomba infallibile! La lineup è cambiata parecchio negli anni ma sempre nel rispetto totale della musica. Questa è la chiave di tutto… Prendi me ad esempio, io riprendo le parti di Tony Thompson e cerco di dare la mia migliore interpretazione dei suoi groove, quelli che hanno fatto la storia. Io o chi per me, non c’entriamo nulla, è il rispetto della musica a vincere, sempre! Anche da parte di chi ascolta… Il pubblico degli Chic è un pubblico colto, esigente, elegante, che sa ballare ma anche riconoscere la bellezza dell’arte del fare musica, e la rispetta, rendendola immortale di generazione in generazione.
Con gli Chic ti sei esibito al Glastonbury Festival, di fronte a 220.000 persone, cantando anche una cover di Let’s Dance di David Bowie: che esperienza è stata? Una esperienza mozzafiato per varie ragioni: in primis, condividere il palco con tantissimi grandi della musica e avere il privilegio di incontrare Barry Gibb [Bee Gees] un artista che venero dalla notte dei tempi. Non da ultimo, la nostra performance è stata incendiaria, con il momento di Let’s Dance come culmine. Ho gridato al pubblico: "saltiamo tutti insieme, nessuno escluso, entriamo nel Guinness!" Beh, ti assicuro che il colpo d’occhio dal palco era pazzesco, un’energia indescrivibile. Poi non so se tra quei 220.000 ci fosse anche un Giudice di Gara del Guinness in grado di certificare che quello fosse davvero il concerto con più persone che saltavano in contemporanea, ma almeno ci abbiamo provato! [ride] Lo ricorderò finchè avrò vita...
Hai lavorato con tanti grandi, da Sting a Paul Simon fino a Lady Gaga. La versatilità sempre calzante del tuo stile lascia a bocca aperta: come riesci ad immergerti puntualmente nello scenario che ti si propone di volta in volta? Crescere ascoltando tanti stili diversi di musica ha acuito la mia eccitazione nel voler suonare di tutto. Sono fortunato, faccio parte di una di quelle generazioni di musicisti eccitate ed eccitanti: la Baby Boomer, che ha potuto e voluto assaggiare quasi ogni genere musicale esistente. Non voglio peccare di presunzione, ma noi di quella generazione abbiamo sempre avuto una marcia in più, a partire dall’attitudine: io ho assorbito l'R&B della Motown, fusion, rock, pop e hip-hop... Ha funzionato per me ampliare gli orizzonti: ce l’ho sempre messa tutta, di cuore, di testa, di pancia e di anima. Ne parlo spesso durante clinic e masterclass: avere un buon orecchio è la chiave di tutto, talento e abilità sono ovviamente il surplus che non guasta… come lo è sudare provando per ore sul proprio strumento, anche se il segreto è sapere come e cosa provare! Questa capacità la si sviluppa solo nell'ascoltare le sfumature di ogni singolo brano, entrando nel suo cuore, nella sua essenza…
Qual è il musicista più difficile tra quelli con cui hai lavorato? Lavorare con Martha Reeves e Lesette Wilson mi ha messo parecchio sotto pressione: la Signora Reeves aveva l’abitudine di sfogarsi urlando, chissà magari era un suo modo di scaldare la voce… La Signora Wilson, invece, era abilissima nel saperti mettere costantemente in imbarazzo di fronte a tutti. Che stress, specialmente quando tu sei lì che stai cercando di dare l’anima! Durante il mio primo giorno di prove con Najee, artista jazz contemporaneo, Lesette era direttore artistico: per qualche misteriosa ragione, non riuscivo a capire quando volesse che entrassi e che accenti pretendesse dal mio groove; scese da dietro le sue tastiere, venne verso di me, mi si fermò dietro, e iniziò a battermi sulle spella l’attacco "1..2...3 e... 4!" Sai che non sono riuscito mai a guardare il film "Whiplash" perché già il trailer mi incuteva quella sensazione di amarezza che Martha e Lesette mi avevano fatto provare sulla pelle? Martha e io abbiamo fatto un tour insieme per qualche settimana con altri artisti, Peabo Bryson, GC Cameron, Sheila Ferguson, Eddie Floyd, Brenda Holloway, Dorothy Moore, Billy Paul, Shirley Alston Reeves, Percy Sledge, Candi Staton (che amo molto), Russell Thompkins, Jr., Martha Wash, Kim Weston e Deniece Williams. Ero arrivato a pensare che Martha mi odiasse… Alla fine del tour, la incontrai per caso nel corridoio dell'hotel, e sorridendo a sorpresa mi disse: "Bel lavoro, hai suonato bene la mia musica, grazie..." Ne rimasi scioccato… Col tempo siamo diventati ottimi amici e oggi ripensando a quei momenti ridiamo sempre come dei matti.
Un ricordo speciale di Prince, non possiamo non chiedertelo… Con Prince è stata toccata e fuga per me, non ho avuto modo di interagire granchè con lui, purtroppo… In un’occasione è salito sul palco con gli Chic al Super Dome di New Orleans durante la canzone che canto io, la già citata cover di Let's Dance... Il Principe e il Re, Prince e Nile, si sono lasciati trasportare completamente dal groove e sono partiti per la tangente… tutta la band a stargli dietro. Ovviamente, era andata in tutt’altra maniera alle prove [ride], senza sbavature, tutti abbottonati, con Prince molto silenzioso e focalizzato, come in un incontro di puro business, con nessuno che aveva il coraggio di fiatare, Nile a parte. La sua personalità incuteva soggezione, inevitabilmente, tutti tradivamo un certo nervosismo in sua presenza… Eppure l'esperienza live è stata poi un’esplosione travolgente, unica e totalizzante. Quando ci si lascia trasportare dalle emozioni, con un pizzico di follia, a vincere è sempre e solo la magia della musica.
Nella tua poliedricità d’espressione, qual è lo stile che senti ti appartenga di più? E qual è l’ingrediente segreto della tua pregiata ricetta artistica? Lo confermo: funk, R&B, soul, hip-hop, sono il mio pane, con la disco che merita una menzione d’onore particolare. Si è portati a pensare che sia un genere facile da suonare, senza troppi cambi. Errore madornale… specialmente quando si tratta degli Chic! I groove disco/funk/R&B se non sono precisi nella più millimetrica sfumatura, non girano proprio, tutto costantemente up-tempo. Prestate attenzione all'hi-hat, a come scorre in binario con basso e chitarra, e capirete perfettamente di cosa parlo. Il segreto magico sta proprio nell'hi-hat… Ricky Williams era un batterista del Bronx River Projects, il centro comunitario che è stato la mia scuola di formazione. Le cose che lui era capace di fare su quell'hi-hat, sfoggiavano un gusto incredibile nella fusione con cassa e rullante. Lui mi ha avvicinato ad un modo di suonare più completo. Lo adoravo! Ricky è cieco e mi ha fatto capire che la musica devi sentirtela dentro. Quando suono, spesso mi ritrovo a chiudere gli occhi per cercare di arrivare alla sua sensibilità, al suo orecchio. Lo dimostro nelle mie masterclass e clinic: faccio chiudere gli occhi ai presenti e poi chiedo loro di trasmettermi tutto quello che sentono intorno. Le risposte sono pazzesche: colgono suoni a cui non stavano pensando o prestando attenzione con gli occhi spalancati. L'obiettivo di quegli incontri è che le persone capiscano come gli occhi possano talvolta distrarti dal battito del cuore del groove. Quando chiudi gli occhi, la musica assume contorni più dettagliati e maggiore profondità, manifesta un raggio più ampio di emozioni. Non smetterò mai di ringraziarti Mr Ricky Williams!
Come si inserisce The Soul Snacks Cookies Company nell’arte che permea la tua vita? Dalla parola “soul” si intuisce che non si tratta solo di una questione di golosità di pancia e palato… E come lo trovi il tempo di lavorare anche lì? Panettieri e pasticceri normalmente lavorano di notte, esattamente come i musicisti! Infornare biscotti è la mia passione, come suonare e cantare. Ho ereditato questa passione da mia nonna. The Soul Snacks Cookies Company oggi è la mia vita, esattamente come il tamburellare. Credo molto nelle mie passioni. Anima è una parola meravigliosa. Tutti noi abbiamo un'anima e la esprimiamo in maniera unica e speciale. L'anima è quel sentimento interiore che connette il tuo cuore alla tua mente. Fluisce verso l'esterno in modi che ti inducono a interagire con il mondo che ti circonda. Connettermi con l’anima dei musicisti con cui mi ritrovo a suonare, mi proietta verso un qualcosa più grande di me. La mia umiltà nel cercare di esprimere la musica fino al midollo è il modo migliore che ho di riconnettermi con la mia stessa anima. Anche il pubblico ha un’anima e ti arriva nella condivisione delle emozioni che dai e che ricevi, rappresenta uno stato d’animo - e d’anima - che non ha prezzo. La cosa migliore che un musicista possa mai provare. È la stessa sensazione che ti arriva quando prepari un dolce. Condividere le tue ricette e avere qualcuno che assaggia ciò che hai preparato, lo gusta e ti regala un feedback, è come condividere la tua musica. Un interscambio favoloso di sensi, che è comunicazione. Trovare il tempo di lavorare alla Cookies Company mi lega alla mia costante ricerca della passione e a chi la condivide con me. Mia moglie, su tutti. Quando sono via, è lei il Capo… Per la verità, il Capo è sempre lei, ma questo è un altro discorso! [ride] Io gestisco i contatti e la contabilità anche a distanza attraverso il computer portatile, e così sento il profumo dei biscotti anche quando non sono lì. Uso "le chiavi del castello" - come definisco i mezzi moderni durante le masterclass - per rimanere in contatto con i miei clienti. Tutto ruota attorno alla passione. Certo, ci vuole sacrificio, ma basta imparare a fare buon uso del tempo. Detesto sentir dire: "e se?" Meglio provare a fare qualcosa anche a costo di fallire, piuttosto che starsene con le mani in mano ad aspettare l’occasione giusta! Il successo non si misura coi numeri, quanto nella forza di volontà. Realizza il tuo progetto dalla A alla Z, questo è il successo!
Il tuo biscotto preferito? L’Ebony and Ivory Almond Cookie: farina di mandorle e una miscela di gocce di cioccolato bianco e al latte. Una delizia assurda!
Quanto incide nella musica essere tecnicamente preparati? Imparare i rudimenti agevola il lavoro. Sono stato fortunato da adolescente a scoprire Drum & Bugle Corps nel Bronx. Bobby Craig e Rickey Mangum, i miei insegnanti, sono stati come dei padri per me: il loro amore incondizionato per l'insegnamento, non solo ha reso la mia passione per la batteria un magnifico lavoro, ma ha addirittura acceso in me il sacro fuoco dell'insegnamento. Bobby e Rickey, entrambi batteristi clamorosi, hanno svezzato moltissimi percussionisti di successo, nella musica e nella vita.
Cervello, cuore o anima: qual è il fattore predominante nel tuo modo di suonare? Cuore e anima! Il feel che il groove deve trasmettere in ogni canzone è l’essenza per me. Non ambisco a stare al centro dell’attenzione, voglio solo mettermi al completo servizio della musica e di chi la suona insieme a me. Credo che solo così si arriva alla sintonia perfetta.
Sulla base della tua esperienza, pensi che uomini e donne abbiano un’espressione differente del ritmo? In effetti è più raro trovare batteriste che batteristi... Beh, diciamo subito che se hai le abilità giuste e sei anche una sventola, di sicuro hai una marcia in più rispetto ad un bravo batterista uomo nel trovare un ingaggio. Lo detesto, ma noi uomini siamo portati a fare paragoni sconvenienti… Quante volte si sente commentare: "guarda che brava, suona come un uomo", come se il metro di paragone fosse una questione di sesso! Forse accade perché tendenzialmente la batteria è uno strumento maschio e anche perché gli uomini, ahimè, di fatto sono presuntuosi. Si sa che anche l’occhio vuole la sua parte, soprattutto nel mondo dello spettacolo, ma le band intelligenti cercano innanzitutto musicisti bravi. Per quanto riguarda l’espressione del ritmo, non credo ci sia alcuna differenza tra uomini e donne: esistono solo batteristi bravi e batteristi pessimi, uomini o donne che siano. Prendi ad esempio Sheila E.: lei è batterista nel DNA ed è donna, punto! È bellissima e molto sexy, ma se non fosse stata un fenomeno non avrebbe avuto quella carriera...
Sperimentare costantemente cose nuove è il vero carburante del talento? È una questione di immaginazione, o è sufficiente aprire occhi e orecchie ed assorbire intorno a noi? Ti dico quel che faccio io. Quando c'è tempo, al soundcheck cerco nuovi groove. Arrivo alle prove almeno un’oretta prima del resto della band. Anche nel mio ufficio sperimento con la batteria nuove soluzioni che ho in testa e cerco di capire se girano sullo strumento e soprattutto se funzionano con una certa canzone. Se poi il groove è figo ma non si incastra nella musica che devo suonare lì per lì, allora considero il piano B, ovvero di sfruttarlo in una masterclass per mostrare i vari stili. Il vero carburante dell'arte, per me è trovare ciò che è meglio per ogni canzone: la tela musicale si completa in tutti i suoi colori solo se la sintonia è perfetta con gli altri musicisti che la dipingono con te. È molto importante scegliere il colore giusto e dare la pennellata giusta, usando il pennello giusto, per la tela di ogni canzone… facendo però attenzione a non invadere il tratto del pennello di qualcun altro… solo fondere la tua creazione col gruppo creerà il capolavoro musicale dell’opera. Sempre emozionante, sempre bello, sempre divertente, di canzone in canzone, concerto dopo concerto.
Ami definire le tue masterclass “incontri di musica e vita, non solo per batteristi”… Le mie masterclass si impongono più che altro di dare accesso a tutti i partecipanti ad informazioni di arricchimento. Aneddoti utili e nozioni tecniche che possano aiutare chiunque a ottenere un ingaggio e, soprattutto, a imparare come tenerselo stretto. Le 5 P sono un argomento di discussione cruciale di una mia clinic: Passione, Potere, Posizione, Prestazioni e Purezza. Spiego e dimostro ciò che ognuna di queste ‘P’ significa e quanto siano importanti, a prescindere dal livello di abilità e studio. Ho ricevuto lettere favolose di ringraziamento da parte di scuole di tutto il mondo, le trovate pubblicate sul mio sito ufficiale www.ralphrolle.com
Esiste un metodo per capire se e quando la musica è la tua strada, il tuo destino? Nel mio caso è stata la combinazione di due fattori. Ai tempi del liceo, dopo 4 anni di studio, ho aperto gli occhi e ho preso una tranvata in piena faccia! Questa NON è la mia vita. Io sono un batterista! E non ho mai più avuto ripensamenti... Numero 1. Quando puoi rendere quel che ti piace in una professione, senza necessariamente aspettarti di trasformarla in un lavoro costante, non perdi mai di vista la tua passione. Numero 2. Quando ti rendi conto nel profondo del cuore che sei disposto a morire per questa scelta e a volte ti scendono addirittura le lacrime mentre ti impegni in questa cosa, qualunque essa sia, hai la conferma che la tua passione è autentica e lo sarà per il resto della tua vita. Il giorno in cui ho comunicato a mia madre la mia scelta di vita, lei ha pensato che io avessi perso completamente la testa… Purtroppo è morta quando avevo 23 anni e non ha mai avuto occasione di vedermi suonare a livello professionale. L'unico mio concerto a cui lei ha assistito, fu sospeso a metà. Il classico battesimo del fuoco: il promoter scappò con l’incasso lasciando tutti in braghe di tela. Non lo scorderò mai: era nel luglio del 1983, e mia madre morì a ottobre di quell’anno. Pace all’anima sua… spero sia felice per me, ovunque sia.
Sei anche un attore, hai lavorato in tv, sei stato ai Grammy e agli Academy Awards, e con Phat Kat Production Inc. (che hai fondato tu) sei entrato nel mondo dei jingle pubblicitari: mantenere i piedi saldi per terra e non perdere mai di vista il nocciolo della questione – la musica – non dev’essere stato facile! Essere all’altezza, lavorare duro, tenere alta la soglia di attenzione, fare domande, mantenere un atteggiamento positivo, essere alla mano e arrivare dietro la batteria sempre preparato, sono alcuni degli imprescindibili trucchi del mestiere. Solo se ti comporti bene le persone si ricorderanno di raccomandare il tuo nome non appena ne avranno occasione!
A proposito, com’è David Letterman, come uomo? Allora è andata così… A un certo punto ho ricevuto una telefonata da parte di Paul Schaeffer, il direttore musicale della famosa trasmissione di Letterman: il loro batterista titolare, Anton Fig, aveva in programma alcuni impegni extra e mi chiese se mi andava di fare qualche sostituzione… non ho esitato un solo istante! Adoravo la trasmissione e David Letterman è stato l’ennesima conferma del fatto che dietro ad ogni grande intrattenitore c’è un grande uomo! Ennesima lezione da imparare...
Compositore, produttore, insegnante, batterista e clinician… quali sono i panni che vesti meglio, e perchè? Mi sento semplicemente un bravo ragazzo che sta cercando di offrire al mondo altruismo, musica, biscotti e amore.
Qual è la Top 3 dei tuoi batteristi preferiti di tutti i tempi e perchè? 1. Steve Gadd, un vero maestro nel trovare ciò che è giusto per ogni brano. Sempre perfetto. È un grande esempio di vera arte, una grande ispirazione. 2. Harvey Mason, il re del sincopato, eppure senza mai stare sopra le righe del fraseggio. 3. Ricky Williams, poco conosciuto eppure possiede uno dei groove più incisivi che io abbia mai sentito. Guardarlo da vicino mi ha insegnato come sfruttare al meglio ogni singolo elemento della batteria e a prestare un’attenzione particolare all'hi-hat.
Quanto a training e dieta, hai qualcosa di particolare da suggerire ai nostril lettori? Sul mio sito web potete trovare esercizi utili per ogni livello di studio della batteria. Mantenere le mie mani in sintonia con il proprio concetto di ritmo è il primo passo verso una prestazione efficace. Dieta? Ehm, prossima domanda? [ride]
Hai degli endorsement? Datemi tamburi Yamaha, piatti Zidjian, bacchette Vater, pelli Remo, Moog Electronics e Session Tracks App per iPhone… e io sarò un batterista eternamente felice! Strumenti di qualità e che adoro.
Quante batterie possiedi ad oggi e per quante ore al giorno ti eserciti? Ho tre kit, tutti Yamaha: uno in acero, a 7 pezzi, uno in rovere a 5 pezzi (il mio preferito) e un altro a 5 pezzi, personalizzato, in betulla che uso abitualmente dal vivo. Purtroppo non ho la possibilità di praticare quanto vorrei, essendo costantemente impegnato tra concerti e session, ma anche questo in un certo senso è esercizio costante. Ogni tanto, anche quando sono davanti al forno, mi capita di comporre batterie fatte di biscotti: una dolce ossessione la mia!
Prossimi progetti? E verrai presto in Italia? Tanta carne al fuoco al momento: sono in tour con gli Chic, ho delle clinic da fare, e sto mettendo in piedi una band tutta mia, la Ralph Rolle & The Funk Patrol. E, ovviamente sono in espansione anche con la produzione dei biscotti. Ho anche un sogno nel cassetto: prima o poi vorrei tornare stabilmente nella mia comunità. L'obiettivo finale per me è quello di avviare un corpo di tamburi e trombe come New York Lancers, con cui sono cresciuto a Park Avenue nel Bronx. L'uomo che lo gestiva, Carmelo Saez, è morto quattro anni fa e ha salvato decine e decine di giovani vite. È un'attività necessaria, insegna tanto, è divertente, competitiva, disciplinata... è ciò di cui ha bisogno la mia New York! Prima o poi devo raccogliere io la sua eredità e restituire il favore, lo sento… Detto questo, beh... mi piacerebbe molto potermi esibire presto in Italia… è forse un invito? Allora, il mio è senz’altro un sì!