Aspiral è il nuovo e nono album degli Epica ed ora la celebre symphonic metal band olandese mette da parte le orchestrazioni più pompose ed elaborate ed opta per la fluidità e l’immediatezza dell’ascolto.
Uscito l’11 aprile 2025 su Nuclear Blast, anticipato dai singoli Arcana e Cross The Divide, il nuovo album degli Epica, Aspiral, pare restituire alla band quello smalto venuto un po’ a mancare nelle produzioni più recenti. La band olandese mantiene intatto l’imprinting, ma questa volta snellisce le strutture e le articolazioni dei brani, restituendo una tracklist fluida e fruibile sin dal primo ascolto.
E’ il chitarrista Mark Jansen a mettere in piedi gli Epica nel 2002, affiancato da Simone Simons al microfono e Coen Janssen alle tastiere, mentre il resto dell’organico muta nel corso del tempo e degli album: Ariën van Weesenbeek fa il suo ingresso ufficiale nel 2007 e da allora siede dietro ai tamburi scolpendo ritmiche solide come il granito ed offrendo alla band il porto sicuro in cui ancorare.
Olandese, classe 1980, Ariën van Weesenbeek comincia a suonare la batteria sin da bambino. Si forma al Conservatorio di Rotterdam, insegna, si immerge nel punk dei God Dethroned, quindi nel symphonic metal degli HDK
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di Sander Gommans, poi nel 2007 gli Epica lo chiamano a registrare alcune tracce di The Divine Conspiracy. Nel 2009 è la volta di Design Your Universe, quarto album della band olandese, e da quel momento è il batterista ufficiale.
Simone Simons (lead vocals) – Mark Jansen (rhythm guitar) – Isaac Delahaye (lead guitar) – Rob van der Loo (bass) – Coen Janssen (key, synth, piano) – Ariën van Weesenbeek (drum)
Ciao Ariën, cominciamo subito parlando di Aspiral, il nuovo album firmato Epica, questa volta con orchestrazioni meno preminenti rispetto al passato più recente, ce ne parli? Questa volta, piuttosto che costruire le parti sinfoniche per arrivare al brano in sé, abbiamo fatto il contrario: quindi, prima sono nate le strutture dei brani e poi le orchestrazioni necessarie a vestirli. Rob [ven der Loo] ci ha inviato le linee-guida, ciascuno di noi ha costruito le proprie parti e successivamente ci siamo trovati in studio per elaborare la struttura vera e propria dei brani e i relativi arrangiamenti. Devo dire che ci siamo ritrovati con una bella dose di energia, quindi, questa fase si è svolta in maniera fluida e scorrevole.
Parte dell’ispirazione dei brani è arrivata da una scultura in bronzo dell’artista polacco Stanisław Szukalski, come è accaduto? Mentre eravamo in studio Rob [ven der Loo] è venuto fuori con questa idea delle sculture di Stanisław Szukalski, vero e proprio innovatore del secolo scorso: aveva già messo giù la struttura del brano diventato poi il titolo dell’album, e da lì l’ispirazione ha finito per contagiare tutti noi.
Cross The Divide, il brano che peraltro avete scelto come secondo singolo, sfodera il tuo drumming possente che guida il brano in tutta sicurezza, che ne dici? Anzitutto grazie per il complimento! Cross The Divide è un brano che mi piace molto; è di Rob e proprio lui mi ha istigato ad imprimerci l’indole metal, priva di fronzoli ma carica di sostanza. Alla fine, credo di essere riuscito a sviluppare un groove solido che va dritto al punto. Oltretutto, è un approccio che mi viene naturale e che adoro.
Hai detto che Cross The Divide è un brano che ti piace parecchio, ma sappiamo che anche Darkness Dies In Light (A New Age Dawns Part VII) è tra i tuoi favoriti, giusto? Confermo. E’ decisamente heavy e carico di groove. Come dicevo, il tipo di habitat che mi piace di più. Tuttavia, ci tengo a dirlo, il focus dell’album non è il mio drumming: è vero, ci sono dei blast beat, dei fill, dei groove e delle parti di doppia cassa preminenti, ma è l’energia quella che ho cercato di mettere al primo posto: esattamente quel che è stato l’intento dell’intera band.
C’è stato un brano che ti ha fatto sudare in particolar modo? Direi Fight To Survive, The Overview Effect. Narra delle sensazioni degli astronauti che osservano dallo spazio il pianeta Terra, così affascinante e fragile al contempo, e così motivati alla sua salvaguardia. E’ un brano che non lascia spazio alle incertezze e non è stato semplice intersecare il groove dei vari cambi del ritmo con gli interventi più tecnici. Tuttavia, il risultato che ci eravamo prefissati è venuto fuori.
A quale genere di set ti sei affidato per le registrazioni del disco? Ho usato la mia batteria Pearl Reference: doppia cassa 18”x22” e pedali Eliminator, tom 8”x10” e 9”x12”, floor 16”x16” e rullante 6,5”x14”. Pelli Remo e bacchette Balbex. Piatti Sabian per una configurazione di sette pezzi suddivisi tra Ride, Crash, China e Hi-Hat. In aggiunta, un Roland TM-2 Trigger che mi porto anche sul palco. Microfoni Shure. Ti dirò che è un set che mi soddisfa appieno e mi fa sentire decisamente a mio agio.
Suoni la batteria ma canti anche, come hai scoperto questa tua vena vocale? Quando ero un teenager nei weekend andavo in bicicletta da un villaggio all’altro e durante il percorso cantavo. Con gli Epica è successo che una volta mi sono messo a canticchiare nel camerino e Mark [Jansen] mi ha sentito: “canti bene, dovresti farlo seriamente!” Così ci abbiamo provato e dal 2008 abbiamo stabilito che potevo anche cantare e non soltanto suonare la batteria. L’ho fatto in diversi album, ma non su Aspiral. Ci hanno pensato Mark e Simone [Simons] e hanno fatto un gran lavoro.
In quanto alla tua formazione di batterista come ti sei mosso? Ho fatto il conservatorio, ho studiato armonia e orchestrazione e ho suonato in una marching band. Ho suonato in alcuni contesti jazz e latin, ma il punk e il metal sono sempre stati il mio habitat naturale.
Quali sono stati i tuoi batteristi di riferimento? Parecchi, tra essi Dave Lombardo (Slayer), Charlie Koryn (Morbid Angel), Chad Smith (Red Hot Chili Peppers), Dave Grohl (Nirvana), Neil Peart (Rush), Eloy Casagrande e Joey Jordison (Slipknot), Igor Cavalera (Sepultura), Steve Smith (Journey). Insomma, ho sempre adorato il suono potente e articolato della batteria, capace di trasmettere e sottolineare cuore e feel.
In passato sei stato anche un attivo insegnante, giusto? Non insegno più da tempo, ma è stata un’esperienza fantastica. Ai miei studenti insegnavo a suonare il doppio pedale, i blast beat e le varie tecniche di cui il metal beneficia e, oltre al fatto che mi piaceva molto, le lezioni erano motivo di scambio e condivisione: una reale fonte di ispirazione per me. Adesso ogni tanto faccio delle clinic, nulla di più.
Torniamo agli Epica con l’ultima domanda: tra poco partirete per un lungo tour, ma vi vedremo in Italia l’anno prossimo, il 28 gennaio 2026 all’Alcatraz di Milano, confermi? Il 6 maggio 2025 partiremo per gli Stati Uniti, quindi ci aspettano il Messico, il Sud America, l’Europa e i vari metal fest dell’estate. A gennaio 2026 torneremo in Europa e, confermo, c’è la data italiana; tuttavia il calendario è aperto ed è probabile che si aggiungeranno altre date. Ci vediamo allora a Milano!