CARMINE APPICE PROJECT – ULTIMATE GUITAR ZEUS DrumClub Settembre 2006

Gianmaria Scattolin 18 giu 2016
Carmine Appice ha posto le basi dell’heavy drumming prima di Bonham, prima di Ian Paice... prima di chiunque altro. - Rick Van Horn 1999. Modern Drummer Magazine
Il 2006 segna l’ingresso nel quarantesimo anniversario della ormai leggendaria vita artistica di Carmine Appice, un uomo che non si ferma mai e continua ad essere una fonte d’ispirazione inesauribile per i batteristi e i musicisti di tutto il mondo.

Ogni aspetto della sua carriera è sempre stato contraddistinto da un’eccezionale originalità, sia che si trattasse di suonare, insegnare o scrivere, Carmine ha sempre saputo imporre la sua personale visione creativa e reinventare le strutture di tutte le discipline, senza mai lasciarsi condizionare da alcunchè.

Fin dai tempi dei Vanilla Fudge, considerata da molti la prima vera heavy rock band della storia, è sembrato subito evidente che Carmine stava già gettando le basi per un nuovo standard nell’ambito della batteria rock!

Dopo l’esperienza con i Vanilla Fudge, dalla forte intesa musicale con il bassista Tim Bogert, nascono i Cactus. Una band che, ancora una volta, ha segnato le anime di illustrissimi personaggi quali i King’s X e i fratelli Van Halen... L’accoppiata Bogert/Appice porta anche alla creazione dell’intramontabile trio conosciuto ...
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info intervista

CARMINE APPICE
in tutto il mondo col nome di Beck Bogert and Appice, dove naturalmente Beck sta per il grandissimo chitarrista Jeff Beck!

Il 1976 è l’anno in cui, dopo più di quaranta inutili audizioni, Rod Stewart invita Carmine a far parte della sua band. Qui, oltre ad esibire le sue eccezionali qualità di performer, dimostra anche un gran talento come songwriter: “Do You Think I’m Sexy” e “Young Turks” sono stati due dei suoi singoli più venduti! Dopo l’esperienza con la Rod Steward Band Carmine si dedica a nuovi progetti personali, passando dal suo primo solo album Rockers, fino al contratto con la Capitol Records per la band King Cobra. La lista delle collaborazioni live e in studio è interminabile, si va da Stanley Clarke a Ozzy Osbourne, da Ted Nugent ai Pink Floyd e ancora John Sykes e i Blue Murder, Whitesnakes, Tony Franklin (The Firm), Edgar Winter Group... Insomma tutto il rock degli ultimi quarant’anni!

Oggi abbiamo l’opportunità di fare quattro chiacchiere con Carmine e discutere un po’ del suo ultimo progetto: Carmine Appice Project - Ultimate Guitar Zeus.

Carmine Appice Project - Guitar Zeus esce per la prima volta nel 1996, e da allora ci sono state diverse riedizioni e nuovi dischi con canzoni inedite... Ora, dopo dieci anni esce Ultimate Guitar Zeus (Escapi Music 2006): spiegaci nel dettaglio cos’è Guitar Zeus?
Beh, fondamentalmente si tratta del mio progetto solista, la mia band è il Carmine Appice Project: Tony Franklin al basso, Kelly Keelin alla chitarra ritmica e voce e... Carmine Appice alla batteria. Tutti i Guitar Zeus fanno capo a questo trio e di volta in volta invito diversi miei amici a partecipare alle registrazioni. Si tratta soprattutto di parti solistiche sia di chitarristi sia di cantanti. Il nome Ultimate Guitar Zeus mi è venuto in mente perchè la maggior parte degli ospiti sono chitarristi, mi sembrava un bel titolo per un album... Cool! Ma è solo un titolo, probabilmente il prossimo C.A.P. si intitolerà Rock and Roll... Chi lo sa?

Visto che sono già usciti altri due CD con lo stesso titolo pensi che ci saranno altri Guitar Zeus che continueranno la serie, o questo Ultimate Guitar Zeus sarà l’ultimo?
Ho già scritto abbastanza canzoni per farne un’altro... Forse altri due.

Come ti è venuto in mente di proporre un progetto di questo tipo dove, a dispetto di quello che ci si sarebbe potuto aspettare, sembra che sia la chitarra a fare la parte del leone?
In effetti non è proprio un “guitar album”... Mike Varney fa i “guitar album”, nel mio caso l’attenzione si pone soprattutto sulla composizione delle canzoni, non ci sono pezzi che si basano soltanto su qualche groove con interminabili assoli di chitarra. È un disco normale, un “regular album”, l’unica cosa che lo rende vicino ai “guitar album” è il titolo. Gli assoli sono tutti concepiti come parte integrante della canzone e tutto l’album è decisamente orientato verso la ritmica: ci sono parecchi tempi dispari e cambi di tempo, parti ritmiche molto interessanti e soprattutto, tante melodie... I soli sono soltanto una parte dell’album. Diciamo che questo disco non ha più parti chitarristiche di quante ne potrebbe avere uno dei Queen o dei Led Zeppelin!

Tu suoni anche la chitarra?
Io... Si, suono un po’ la chitarra, soprattutto scrivo le canzoni con l’aiuto della chitarra. Quando andavo a scuola mi sono diplomato in musica, ho imparato a suonare la chitarra, le tastiere, il basso, ho imparato i fondamentali della teoria... E tra tutti questi strumenti poi sono finito a suonare... I tamburi! (risate).

Oltre a suonare, scrivere le canzoni e cantare, hai anche prodotto l’album, com’è stato?
La cosa assolutamente fondamentale per me è la registrazione analogica! Soprattutto per quanto riguarda le batterie, non sopporto il digitale... Secondo me l’analogico è come un albero, è caldo, lo pui sentire, ha una sua profondità. Il digitale invecie è come... La fotografia di un albero: non ha corpo, è piatta!
Per quanto riguarda gli studi abbiamo registrato gran parte del progetto al Music Box Studio su un registratore a 24 piste analogico con un mixer Trident che veniva dalla casa di Phill Collins... C’era una una bellissima live room con rivestimenti in legno e un bel suono per i microfoni. Altre registrazioni le abbiamo fatte al Sound Asylum... Entrambi gli studi avevano due cose in comune: dei banchi di alto livello e soprattutto i registratori analogici. Dopo aver registrato tutte le tracce in analogico abbiamo passato il materiale in un sistema digitale Radar per l’edit, il missaggio e il master (una volta ottenuto il suono analogico, il digitale è un mezzo veramente comodo per rivedere le tracce... L’importante è il primo passaggio che deve essere analogico!). Penso però che la prossima volta proverò a masterizzare su nastro: mezzo pollice o un quarto di pollice... Dobbiamo registrare un altro album con i Vanilla Fudge e credo proprio che registrerò tutte letracce su due pollici, passerò sul Radar System per il mix (lo preferisco a Pro-Tool) e poi faremo il master su nastro.

Come hai affrontato la registrazione delle batterie?
Tutto l’album è stato registrato col click, ma durante tutta la mia carriera ho imparato a suonare in modo da rendere il più naturale possibile il feel della canzone anche seguendo attentamente il metronomo: Il click non deve essere un “valore assoluto”, bisogna saper decidere quando suonare un po’ indietro rispetto al tempo e quando spingere... Quello che mi piace poter fare però, è avere la possibilità di rivedere solo alcune sezioni delle mie parti. Come succede per i chitarristi o i bassisti: se non mi piace quel passaggio, voglio poter tornare in quel punto della canzone e rifare solo quelle misure. Mi piace lavorare con degli ingenieri in grado di fare dei bei punch in e out... Bisogna però ricordarsi con esattezza quali piatti stavamo suonando in quel punto! Se no, al momento del punch, si sente il taglio. Sono tanti anni che lavoro in questo modo e, ormai per me è una cosa naturale ma mi ricordo che un tempo, i batteristi erano costretti a rifare tutta la canzone: bastava un piccolo errore o anche una scelta non troppo felice verso la fine del pezzo e il “povero” batterista doveva rifare tutto!

Qual’è stato l’iter compositivo, come hai scelto le canzoni?
Per la fase di preproduzione ho prenotato una stanza d’albergo a nome di Kelly, vicino a casa mia, e lì abbiamo messo insieme un piccolo studio multitraccia per la realizzazione dei demo (registratore a 12 piste, speaker Roland, una piccola batteria elettronica, uno Zoom per chitarra...). Dopo una prima stesura dei brani abbiamo montato la piccola batteria di mio figlio e abbiamo sostituito le tracce della drum machine con una regitrazione dove suonavo quella batteria... Abbiamo scritto tutte le canzoni in circa dieci giorni di lavoro. Sono stati giorni veramente intensi, Kelly è un pazzo! Lavoravamo insieme per circa otto ore al giorno e quando me ne tornavo a casa, Kelly continuava a lavorare fino alle cinque del mattino seguente scrivendo le parole, registrando melodie, sistemava questo o quello... Era assolutamente preso dal progetto e non c’era niente che potesse stancarlo! Dopo dieci giorni (e notti) di registrazioni e arrangiamenti, finalmente avevamo un demo che poteva dare l’idea del progetto, ma non avevamo ancora registrato il basso: per dare corpo ai pezzi abbiamo utilizzato una chitarra attraverso l’octaver dello Zoom... Ma non c’era il basso! Così abbiamo lasciato il demo a Tony per una settimana. Quando tutte le parti di basso furono pronte, siamo andati in sala prove e abbiamo “imparato a suonare” tutti i pezzi... Però non troppo, volevo che comunque, al momento della registrazione finale, ci fosse quel tocco di spontaneità e di freschezza che, sarebbe sicuramente venuto a mancare se avessimo provato ogni piccola cosa... A questo punto siamo entrati in studio e in quattro giorni abbiamo finito le registrazioni definitive. Usciti dallo studio eravamo pronti per gestire gli ospiti: ci sono voluti circa altri tre mesi per completare il progetto! Spedire i nastri a Brian May, a Steve Morse, volare a Miami per il solo di Yngwie, prendere un altro volo per Detroit per la registrazione di Ted, poi giù in Texas per Ty Tabor e Doug Pinnick, su a San Francisco a prendere Neal... Trovare il tempo per prenotare gli studi per Slash, Sambora, Mick...

Qualche aneddoto?
Beh... Ognuno aveva delle richieste un po’ particolari, per esempio Slash ha chiesto una bottiglia di vodka e dei “munchies” (salatini, tartine, patatine)... Candele accese in studio e un’atmosfera molto “rilassata”, Mick Mars ha una sorta di amuleto che porta sempre con se: dopo che il suo roady ha preparato le quattro casse Marshall e le testate, lui ha tirato fuori la testa di una bambola e l’ha messa proprio in cima ai suoi ampli... Ted, era armato! Aveva una pistola infilata nella cintura dietro alla schiena. Quando siamo andati in Texas per registrare le voci di Doug sono rimasto impressionato perchè ha fatto tutto in un colpo solo: sempre buona la prima! La stessa cosa è valsa per Zakk, lui è del New Jersey (lo chiama “New Jersey boy”) e io sono di New York... Ci conoscevamo già e ci siamo subito capiti, si può dire che veniamo dallo stesso quartiere, una volta preparato l’ampli, al primo passaggio aveva già finito! Anche Neal Shon ha registrato alla prima, mentre con Richie abbiamo lavorato di più sulle parti, ripetendo alcune registrazioni e riarrangiando parecchie frasi... Vivian Campbell ha registrato a casa sua su di un ADAT e abbiamo costruito insieme tutte le parti un po’ alla volta... In pieno relax!

L’organizzazione dietro a tutto questo progetto deve essere stata un lavoro estremamente intenso e la realizzazione a livello contrattuale...
Eh si, l’importante è pianificare bene tutte le fasi. Dal momento in cui ho avuto l’idea di mettere insieme questo progetto, sapevo che la prima cosa da fare era di riuscire a trovare un contratto discografico, ma quando ho cominciato a contattare delle case discografiche mi si chiedeva sempre la stessa cosa: delle dichiarazioni scritte da parte dei vari ospiti che sottoscrivessero la loro adesione... Non funziona così. Io avevo degli accordi verbali con tutti: Brian mi aveva detto di si, Ted era entusiasta, ma non c’era niente di scritto, prima dovevo trovare il contratto, poi sarebbero arrivati tutti senza problemi. Finalmente ho trovato un manager che, facendo leva sul mio nome e le sue conoscenze, è riuscito a farmi avere un contratto, da una casa discografica giapponese, tale da garantirmi una notevole libertà di movimento a livello artistico, e un budget sufficiente per realizzare il progetto. Dopo la firma, Kelly ed io abbiamo cominciato a scrivere le canzoni sapendo che Brian May, Ted Nugent e i ragazzi dei King’s X avrebbero partecipato. Così abbiamo cominciato con loro e la scelta non è stata casuale: Ted è stato ed è tuttora l’idolo di tanti chitarristi che ormai sono diventati dei professionisti affermati e, se lui avesse “aperto le danze”, allora anche gli altri si sarebbero subito accodati. Lo stesso discorso vale per Ty e Doug: i King’s X sono una band che è sempre stata apprezzata e rispettata da grandi schiere di musicisti e, naturalmente, la presenza di Brian non poteva che aumentare l’interesse e il desiderio di tutti a partecipare! E questo è esattamente quello che è successo, quando ho cominciato a fare un po’ di telefonate, tutti erano entusiasti e mi chiedevano di poter suonare con questo o quel musicista: quando Yngwie ha saputo di Doug ha chiesto di poter suonare un solo su quella canzone, Mick voleva sounare sul pezzo cantato da Edgar Winter... Ovviamente ho dovuto pagare delle session, ma non tutti hanno chiesto dei soldi, per esempio Brian ha suonato per il puro piacere di farlo, la stessa cosa è valsa per Richie, mi ha detto: “Adesso mi devi un favore...” (risate!).

Ascoltando il disco si nota subito come la tua produzione si sia mossa intensamente verso l’ottenimento di un sound personale: le chitarre di Brian, Yngwie, Slash e tutti gli altri non mantengono le caratteristiche sonorità che contraddistinguono i diversi chitarristi, ma anzi i suoni sono tutti “uniformati” nel rispetto del C.A.P. sound...
Si, questa è una cosa a cui ho tenuto molto ma non solo, c’è anche una notevole dose di originalità nella scelta delle modalità esecutive tipiche di ogni chitarrista. Per esempio il solo di Brian è uno dei pochissimi che lui abbia mai realizzato usando un Wha-Wha, Mick Mars suona con lo slide, Yngwye ha dovuto improvvisare su di uno stile che si distanzia molto dal suo... Questi fattori di unicità, mescolati ad un attento missaggio e preparazione del suono, hanno portato tutti questi diversi chitarristi a modificare il loro sound e suonare più per il progetto che per loro stessi... Il risultato finale è proprio quello di un suono uniforme e compatto: non volevo che fossero solo degli ospiti ma che si sentisse che il loro intervento fosse parte integrante di C.A.P.

Dopo tanti anni di successi e collaborazioni con tanti diversi artisti, dal punto di vista della batteria suonata, come definiresti il tuo stile? Come suona Carmine Appice?
Ehmm... Power Rock! Questo è anche il nome della mia Video Company, e definisce esattamente il mio modo di suonare: “Powerfull rock drumming style!”
Le mie radici affondano nela terra battuta da Buddy Rich e Gene Crooper, ascoltavo l’R&B, James Brown e Motown... Io ho solamente aggiunto il “power rock” a quegli stili, credo che questa sia stata la cosa che ha differenziato il mio stile. Non ho cercato di fare la differenza di proposito, ho dovuto trovare delle soluzioni alternative per fronteggiare i problemi che mi si presentavano. Nel 1966 la tecnologia applicata all’amplificazione non era certo quella di adesso: per farsi sentire bisognava picchiare forte! Il basso aveva il suo ampli, gli Hammond con i Leslie speakers, le chitarre con i loro Marshall e i batteristi con... La batteria! Quando suonavo con i Pigeons, prima dei Vanilla Fudge, per farmi sentire avevo messo nella cassa un microfono collegato all’ampli di Tim Bogert (basso e batteria insieme), ho girato le bacchette e mi sono messo a suonare più forte che potevo... Da qui ho continuato la ricerca di un suono sempre più grosso. Ho sostituito la cassa del mio set con una più grande (Leedy-Ludwig 26’X14’), e... Ha funzionato, così quando ho ottenuto l’endorsement da Ludwig ho detto: “Beh, la cassa è più grossa... Datemi tutti i tamburi più grossi!” Avevo due casse (26’ X 14’), un tom 12’ X 15’ un tom 16’ X 18’, il timpano era ricavato dalla modifica di una cassa da 22’... Avevo un Gong, il rullante cromato con uno spessore di 6 pollici e mezzo: Ludwig non aveva mai neanche pensato a un set del genere, era il 1968. Quando John Bonham ha visto questo set è impazzito e ha subito voluto una batteria come la mia, ma dopo il tour con le due casse, Robert e Jimmy gli hanno chiesto di suonare con una cassa sola... Da qui in avanti tutti volevano batterie oversize!

Cosa vedi oggi nel mondo della batteria, cos’è cambiato rispetto a ieri?
...È troppo, tutto viene portato all’esasperazione, non voglio dire che sia un male, ma la tecnica per esempio, ha raggiunto livelli allucinanti. Ci sono batteristi che hanno una coordinazione incredibile, sembrano delle macchine... Avere una ottima coordinazione e una tecnica ineccepibile non è certo un male, anzi è un’ottima cosa, ma io credo che farsi prendere la mano non sia un bene. A volte il tecnicismo esasperato porta a perdere il feel: mi capita di vedere dei DVD di batteristi eccezionali che possono suonare poliritmie difficilissime a velocità impressionanti che, quando si mettono a tenere un tempo semplice, sono sempre al limite, danno l’impressione di accelerare... Non c’è groove! Il loro playing è diventato così meccanico che il groove ne risente e il lavoro del batterista, in fondo, è quello di essere il motore della band, bisogna che i pistoni si muovano in perfetta sincronia e sprigionino la giusta quantità di cavalli per muovere la musica della band... Ascolta Buddy Rich, Gene Crooper, Billy Cobham, Ginger Baker, Keith Moon, John Bonham, Max Roach, tutti grandi batteristi che hanno sempre suonato per la band e con il groove nel sangue! Il rischio di esagerare con la pura tecnica ti può portare a diventare un batterista da seminario piuttosto che il motore di una band.

Ma ci saranno anche dei batteristi interessanti...
Oh, certo che si! Non fraintendermi, ci sono in giro degli ottimi batteristi. Penso che gli anni ’90 abbiano dato spazio a degli eccellenti groover, Soundgarden, Alice In Chains e gran parte della scena grunge ha proposto degli ottimi batteristi. Quello che non mi attira sono le mitragliate continue di sedicesimi a duecento di metronomo con le due casse. L’altro giorno sono andato ad un concerto con mio figlio e, a parte i “mitragliatori”, ho sentito anche delle belle cose uscire da gruppi come CKY e Avenged Sevenfold.

Dopo tanti anni passati come protagonista nel music business qual’è la lezione che hai imparato e che ritieni essere più importante per un batterista?
Una lezione che ho imparato da questo business è che se sei in una band, devi assolutamente far parte del songwriting team. Se no, ti ritrovi a guidare una vecchia Wolfswagen mentre il cantante e il chitarrista se ne vanno in giro con la loro Ferrari... È un situazione molto comune, è successo anche a me, ma bisogna proteggersi in qualche modo: in qualsiasi situazione ci si trovi è sempre meglio chiarire in anticipo come verranno suddivisi i diritti delle canzoni.

E c’è qualcosa che, col senno di poi, non avresti fatto?
Una si: il secondo album dei Vanilla Fudge!

Come mai?
Perchè quell’album era un concept-album e il mercato non era pronto per un disco concepito in quel modo... La casa discografica e il nostro produttore pensavano che il concept sarebbe stata un’ottima idea e purtroppo avevano torto. Il nostro primo disco era andato estremamente bene e tutto quello che dovevamo fare era un altro disco di quel tipo, invecie ci siamo imbarcati in un operazione psichedelica, di totale ricerca, senza vere canzoni che non ha portato alcun risultato: tutti quelli che ci stavano intorno, Hendrix, Cream, The Doors hanno fatto un album di canzoni e sono andati benissimo, noi invecie... No! Abbiamo dato troppo ascolto al nostro produttore e all’Atlantic Records che ci hanno spinto a fare qualcosa di assolutamente fuori dalle aspettative del pubblico e, in un secondo tempo, siamo stati costretti a preparare il terzo album (Reinaissance) in gran fretta (solo un mese di tempo) per cercare di recuperare... Una fatica tremenda! Il pubblico e la critica erano disorientati e la scalata alle classifiche è stata più dura del previsto e... Questa è stata anche una delle ragioni che hanno portato allo scioglimento della band. Sarebbe stato meglio non farlo!

Nonostante la tua carriera sia fondata principalmente sull’appartenenza a diverse band, ci sono anche episodi di session: come vedi questa parte del lavoro?
Non sono un fan delle session, preferisco sempre la band. In effetti session pure, quelle dove ti chiamano, vai, registri e torni, non ne ho fatte molte e non mi interessa neanche farne. Come vedi anche dal mio curriculum (www.carmineappice.com) ce ne sono pochissime, e se proprio le devo fare è perchè mi possono dare un aiuto dal punto di vista della carriera: non faccio session con chiunque. Piuttosto preferisco lavorare a dei progetti personali, non mi piace “svendere” il mio suono per pochi dollari, non è nel mio carattere.

Carmine Appice ormai è anche diventato un nome importante nell’ambito della didattica...
A dire il vero ho cominciato a insegnare molto presto, era un modo per tirare su un po’ di soldi tra una gig e l’altra. Ero un ragazzo e suonavo di tutto: matrimoni, top 40, latin, jazz clubs, feste private... Tra un week-end e l’altro davo lezioni per 5 dollari... Poi sono cresciuto, ho continuato a dare lezioni, il prezzo è salito... Tra il ’68 e il ’69 sono arrivate le prime richieste per fare delle clinics ma allora ero una rock-star, non avevo certo voglia di fare dei seminari. Nel ’71 sono passato a fare un giro da Sam Ash (famosa catena di negozi di strumenti musicali) e ho notato un libro intitolato “How To Play Rock Drums” ma c’era qualcosa di sbagliato: la copertina mostrava un tipo con la brillantina, una giacchetta colorata e il sorrisone, che non dava assolutamente l’idea del rocker... Sembrava più la pubblicità di un dentifricio! Non solo l’immagine della copertina era obsoleta ma anche il materiale musicale era vecchio di almeno dieci anni. Così mi sono detto: “You know what? I’m gonna write a book! (...Lo scrivo io un libro!). Ed e uscito “Realistic Rock”: c’erano tutte quelle cose che facevano parte del vocabolario moderno dei batteristi rock e dimostrava in modo realistico come suonare rock. Non mi sono mai soffermato sullo studio matematico di tutte le possibili combinazioni ritmiche e non sono mai andato alla ricerca di esercizi impossibili: ho scritto quello che suonavo e che “realisticamente” poteva essere utilizzato da un batterista per suonare... Ora che il libro era nei negozi, dovevo fare anche le clinics, il mio manager mi ha detto: “... Se fai un disco, vai in tour e vendi i dischi. Se scrivi un libro devi fare le clinics e vedrai che vendi anche i libri!” Aveva ragione. In effetti scrivere un metodo mi ha dato anche delle soddisfazioni completamente inaspettate: un giorno ho incontrato Dave Weckl e tra una chiacchiera e l’altra mi ha ringraziato per il libro... Io ero stupito: “Quale libro?” E lui: “Realistic Rock... Me lo sono letto tutto!” Incredibile, il grande Dave Weckl che si allena col mio libro!
Ora ci sono nuove versioni di Realistic Rock e altri libri dedicati alla didattica, ne ho fatto uno pensato per bambini di sei o sette anni... Anche Ultimate Guitar Zeus è disponibile in versione play along: ci sono le descrizioni dei tempi, dei suggerimenti per eseguire le parti e tutte le canzoni senza traccia di batteria per poterci suonare sopra! Ma la cosa fondamentale è che cerco sempre di divertirmi e di fare le cose a modo mio, in fondo suonare la batteria deve essere divertente...

Hai qualche suggerimento per i batteristi italiani o per chi volesse avvicinarsi alla batteria?
La prima cosa da fare è trovarsi un buon maestro: questa è sicuramente la via migliore per evitare di perdere tempo e formare delle basi solide su cui costruire il proprio stile. Poi, un’altra cosa che a mio parere è importantissima, è suonare con una band! In fondo perchè uno vuole suonare la batteria? Per suonare con una band! Allenatevi tanto per ottenere una buona tecnica ma non perdete mai di vista il groove... È importantissimo. E, senza farvi troppi problemi, cercate sempre di ottenere la giusta percentuale sui diritti delle canzoni!


Carmine PICS

Carmine home kit
Carmine dietro alla sua batteria “casalinga”. Mentre suona qualche fill sta anche parlando al telefono con un DJ per il suo programma radiofonico: “Carmine Appice Weather Report”. Una volta alla settimana la radio lo chiama al cellulare e Carrmine racconta quello che sta facendo... Oggi sta dicendo che è impegnato a fare un intervista per un’importante testata italiana: Drum Club!

Locker room 1 e 2
Gli storage di Carmine, dentro c’è di tutto: tamburi, piatti, flight case, pedali, tastiere, pezzi vintage, tanto materiale dei Vanilla Fudge e dei Cactus, pezzi che ha usato con Ozzy e Rod Stewart... La scaffalatura metallica in realtà è parte del palco dei King Cobra!

Money gong
In un angolo del soggiorno di casa Appice c’è questo piccolo gong che, a detta di Carmine, ha dei “poteri soprannaturali”: ogni volta che lo suona... Arrivano dei dollari!

Slingerland det. 1,2,3
Fondamentalmente si tratta di un Buddy Rich kit con l’aggiunta di un tom e una cassa. Normalmente monterebbe pelli Carmine Appice Signature Model ma al momento Carmine sta provando queste nuove Aquarian...
Rullante Slingerland - 5”x14”
Rullante Radio King - 5” di spessore
Tom - 12”x8”
Tom - 13”x9”
2 Floor tom - 16”x16” (accordati differentemente, normalmente uno sarebbe stato un 18”x16”)
2 Kick 24”x14”
Piatti (Sabian):
Carmine Appice Ride 21”
Crash 18”
Crash 20”
China 17”
China 19”
Hi Hat 14”
Shade - Un piatto speciale prodotto su specifica richiesta di Carmine
Doppio pedale DW5000

Sound Image
Questa è l’entrata del magazzino dove carmine tiene le sue cose... Un po’ delle sue cose perchè ne ha uno anche in Florida, uno a New York, uno in Europa...

Ultimate Guitar Zeus (Escapi Music 2006)
Credits:
Days Are Nights - Written by: K Keeling, C Appice. Guitar Solo: Ted Nugent
Nobody Knew - Written by: K Keeling, C Appice. Guitar Solo: Brian May
Stash - Written by: K Keeling I Franklin, C Appice. Guitar Solo: Steve Salas
Where You Belong - Written by: K Keeling, T Franklin, C Appice. Guitar Solo: Slash
4 Miles High - Written by: K Keeling, C Appice. Guitar Solo: Steve Morse
Gonna Rain - Writen by K Keeling, C Appice. Guitar Solo: Richie Sambora
This Time Around - Written by: K Keeling, C Appice. Guitar solo: Yngwie Malmsteen. Vocals: Doug Pinnick
Killin Time - Written by: K Keeling, C Appice. Guitar Solo: Ty Tabor
Doin Fine - Written by: K Keeling, C Appice. Guitar Solo: Vivian Campbell
Under The Moon And Sun - Written by: K Keeling. Guitar Solo: Mick Mars. Vocals: Edgar Winter
Code 19 - Written by: K Keeling, C Appice. Gutiar Solo: Zakk Wylde
Out Of Mind - Written by: K Keeling, C Appice. Guitar Solo: Neal Schon
Do Ya Think I'm Sexy - Written by: R Stewart, C Appice, D Hitchings. Guitar: Pat Travers. Vocals: Carmine Appice
GZ Blues - Written by: T Franklin, C Appice, S Duncan. Guitars: Seymour Duncan & Steven Seagal

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