MARILYN MANSON "One Assassination Under God, Chapter One"

Redazione 24 nov 2024
Uscito il 22 novembre 2024, "One Assassination Under God, Chapter One" è il nuovo e 12esimo album di Marilyn Manson.

Parlare del nuovo album di Marilyn Manson – "One Assassination Under God, Chapter One" – non è la cosa più facile del mondo, dato il rischio di farsi impigliare tra le maglie delle vicende giudiziarie in cui l’artista statunitense è implicato. Necessariamente, mettiamo da parte tale oscuro risvolto e concentriamoci sul Manson-artista, autore del suo 12esimo capitolo discografico, uscito il 22 novembre 2024.

"One Assassination Under God, Chapter One" esce a quattro anni di distanza dal precedente "We Are Chaos": c’era chi si aspettava un album (il primo per Nuclear Blast) che riportasse sulla scena il personaggio Marilyn Manson, dissacratore, morboso, sacrilego e scandaloso, che gli ha consentito di conquistare ed irretire al contemplo oceaniche platee; e c’era anche chi, sull’onda dei precedenti lavori decisamente più intimistici ("The Pale Emperor", 2015, "Heaven Upside Down", 2017 e "We Are Chaos", 2020) si aspettava un Manson cresciuto, consapevole, spogliato dell’essenza esagerata di un tempo; in realtà, l’album risponde a ogni tipo di aspettativa, con un Manson in qualche modo piegato da colpe e accuse, ma arrabbiato e deciso a sputare fuori la ...
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(sua) verità. Questo è il Manson di oggi: prendere o lasciare.

Produzione d’alto lignaggio (Tyler Bates/Manson) e un sound stratosferico, "One Assassination Under God, Chapter One" si compone di nove tracce seminate lungo i territori dell’alternative/industrial rock, fino talvolta a sconfinare nel metal più heavy e audace. Manson, cupo, sinistro, libero e liberato, ammaliante in ogni caso, rovescia nel microfono tutti i suoi umori e il suo stile, consapevole di contare su una band capace di cucirgli addosso l’abito di cui ha bisogno per questa occasione.

Apre il brano che dà il titolo all’album ed è una struttura congegnata con i fiocchi, adornata da dinamiche che levano l’aria e la restituiscono, vestita dalla pura interpretazione in stile-Manson e da un wall-of-sound che spinge con prepotenza ed arma l’impalcatura sin dalle fondamenta: un mix di ingredienti che già rivela di che pasta è fatto il nuovo album firmato dal Reverendo.

Se "No Funeral Without Applause" rientra comodamente nella logica delle produzioni di Manson più recenti, là dove i disegni rock della chitarra ed il beat pulsante si intrecciano con un tappeto di tastiere solido e intrigante, "Nod If You Understand" cambia registro, per 4:05 minuti di una prova di forza dagli umori punk/rock, con un riff duro e crudo che non molla fino alla fine e riconduce al passato di Manson – quello prima dei fasti commerciali di "The Dope Show" (1998) – riconfermandolo, se mai ce ne fosse il bisogno, interprete di prima grandezza.

Che la vena creativa di Manson sia a tutt’oggi vispa e frizzante, lo confermano anche l’incisivo "As Sick As The Secrets Within", non a caso il primo singolo scelto per la presentazione dell’album, ed il successivo "Sacrilegious", là dove l’artista non esita ad ironizzare sull’immagine che molti si sono fatti di lui negli anni, tra contraddizioni, incoerenze e pregiudizi di ogni genere e tipo.

"Death Is Not A Costume" è tra gli episodi clou dell’album: possente disegno di basso in apertura, quindi, chitarra incisiva e via di filato in un trionfo di dark/goth in cui il testo affonda tra gli abissi dell’animo umano, fatto di quel mix di oscurità e dolore a cui Manson ricorre come da tradizione.

Un tessuto ritmico compatto, solido e più lieve, delinea "Meet Me In Purgatory", a cui segue il rabbioso "Raise The Red Flag", condito a festa dalle dinamiche hard della seicorde elettrica. Poi è la volta di "Sacrifice Of The Mass" per 6:14 minuti in cui, sopra una chitarra acustica malinconica ed un pianoforte cupo e scuro, Manson accetta la sua fine e chiude l’album.

Erano decisamente alte le aspettative nei riguardi di "One Assassination Under God, Chapter One" e, dato il momento e i tormenti odierni, Manson non poteva certo sbagliare, almeno come artista: ebbene, in questo caso non lo ha fatto. Manson dimostra di avere ancora parecchio da dire, tanto che il titolo dell’album lascia presagire un seguito (Chapter 2?) e che: “la mia arte è tutto ciò per cui vivo”, come dice lui.

Accanto a Marilyn Manson nel disco ci sono Tyler Bates (chitarra, basso, tastiere), Gil Sharone (batteria), Lola Colette (piano), Maxwell Urasky (tastiere/programmazione).


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