CHAD SMITH il potere del groove DrumClub Giugno 2009

Maurizio De Paola 24 giu 2016
Da almeno vent’anni ai vertici drum world, Chad Smith non conosce soste. Il suo drumming potente e tutto votato al groove si fa ammirare e rispettare in ogni suo lavoro e vien fuori in tutta la sua brillantezza in uno dei dischi più attesi dell’anno: Chickenfoot.

L’unione di forze tra Chad Smith, Joe Satriani, Michael Anthony e Sammy Hagar non poteva passare inosservata e l’album di debutto della formazione americana ha subito scalato le classifiche di vendita (e di download) in tutto il mondo.

Un album, Chickenfoot, che si muove sulle onde di un hard blues di gran classe e che mostra il lato più duro e deciso di Chad Smith, drummer che sa mettere tutti d’accordo e che gode del privilegio – più unico che raro al giorno d’oggi – di rendersi riconoscibile al primo ascolto. Il suo tocco deciso e piacevolmente vintage si è mantenuto intatto e originale nel tempo, così come il suo gusto per i flams e le rullate funk, assecondato in modo ottimale dalle linee di basso di Anthony che ricordano più il sapore seventies di Led Zeppelin e Deep Purple che la sua lunga militanza nei ...
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info intervista

Red Hot Chili Peppers
CHAD SMITH
Van Halen.

Un lavoro dichiaratamente old school o anche classic rock (secondo una definizione molto di moda oggi), che vanta parecchi momenti di gran classe, come l’insinuante blues di Down The Drain e gli esplosivi Avenida Revolution e Sexy Little Thing. La batteria di Smith è uno stimolante incrocio tra ritmi “poveri” e rock delle grandi arene, mantenendo la freschezza e la spontaneità della performance come in una sudatissima jam tra amici (e come tale è nato il progetto Chickenfoot).

Del resto, Chad Smith non è personaggio da limitarsi musicalmente né da risparmiarsi dal punto di vista fisico. A scorrere la sua discografia, sembra quasi che i Red Hot Chili Peppers (ricordiamolo, Smith è il batterista di questa celebre band californiana) siano una specie di hobby da praticare nel tempo libero (6 album sugli oltre 30 a cui ha apposto la sua firma di drummer, escludendo le collaborazioni estemporanee e le compilation).

Nessuna meraviglia, quindi, che i Chickenfoot possano a ben ragione, rappresentare, oltre che il presente, anche il futuro di Smith.
Ma su questo, lo stesso batterista americano (Saint Paul, 25 ottobre 1961) ha le idee molto chiare ed è già pronto – come rivela in questa intervista esclusiva – a lanciare la sua nuova avventura (quasi) solistica: i Chad Smiths’s Bombastic Meatbtas.

Chad, è d’obbligo partire dai Chickenfoot e dal vostro album di debutto...
Oh, ne sono molto contento. Suonare con i Chickenfoot è stata un’esperienza speciale. Abbiamo improvvisato molto in studio e ci siamo divertiti a suonare senza porci obiettivi precisi. I Chickenfoot, molto più dei Red Hot Chili Peppers o di altri progetti a cui ho collaborato, rappresentano un tuffo nel passato, un qualcosa che mi aggancia alla musica con cui sono cresciuto. Il rock di Led Zeppelin, Kiss e Grand Funk Railroad. Questo è stato lo spirito con cui si è formata la band.

Eri un fan dei Grand Funk Railroad?
Sì, anzi, sono stati il mio gruppo preferito per diverso tempo. Don Brewer è stato - insieme a John Bonham - il batterista che mi ha insegnato di più quando di insegnanti non ne avevo. Aveva lo stesso modo di interpretare la batteria di Mitch Mitchell: non era mai banale e sapeva fare ogni volta qualcosa di diverso, anche con un semplice 4/4 lento. E poi, di quel gruppo non potrò mai dimenticare la voce di Mark Farner, uno dei più grandi cantanti rock di tutti i tempi.

Ma chi ha scelto il nome Chickenfoot?
Oh, quella è stata un’idea di Sammy... ne aveva il diritto dato che tutto è nato da una jam session che abbiamo fatto noi quattro nel suo locale, il Cabo Wabo. Ci vediamo spesso lì: l’atmosfera è rilassata e poi la tequila che prepara Sammy è di ottima qualità. L’idea è stata mia e di Joe ma Sammy si è aggregato subito ed è stato lui a suggerirci Michael come bassista. Un’ottima scelta: io e lui ci siamo trovati benissimo, soprattutto nell’improvvisare hard blues, qualcosa che abbiamo sempre avuto dentro.

Il blues e l’hard blues sono topic del disco...
C’è molto blues nel disco, frutto dell’improvvisazione. Quando abbiamo iniziato a lavorarci su, non abbiamo fatto nessun piano proprio perché volevamo essere spontanei e non farci condizionare dal nostro background o dalle band con cui abbiamo suonato. Il primo brano che abbiamo realizzato è stato Soap On A Rope, subito seguito da Down The Drain. Non avevamo una scaletta precisa, volevamo solo ricreare in studio l’atmosfera di quelle session al Cabo Wabo. Sammy ha fatto un lavoro straordinario. Quando gli abbiamo fatto sentire per la prima volta i primi cinque pezzi finiti, lui si è messo al microfono e immediatamente ci ha cantato sopra, con un testo già pronto che poi è stato ritoccato in minima parte. Quella del “paroliere” è la sua più grande qualità... non ha bisogno di nulla, solo di una buona base rock e il gioco è fatto. E’ l’unico cantante al mondo che ti risolve più problemi di quanti te ne crea...

Proprio Sammy Hagar, presentando i Chickenfoot, ha detto che, potrebbero “rivaleggiare con i Led Zeppelin”...
Lascia perdere! Quell’affermazione ci ha attirato critiche da ogni parte. Sammy pensava che i giornalisti di oggi avessero più senso dell’umorismo... Si è accorto dopo che l’avevano preso tutti sul serio ma ormai il danno era stato fatto. Ora tutti si aspettano un album come Led Zeppelin I o II... ma con quell’affermazione, Sammy voleva solo dire che è un disco in cui confluiscono le nostre influenze anni Settanta e tra queste ci sono senza dubbio i Led Zeppelin. Non siamo ancora diventati così presuntosi da pensare di rivaleggiare con Jimmy, Robert, John e Bonzo (R.I.P.)... Dacci tempo, abbiamo solo cinquant’anni...

Detroit è la città in cui sei cresciuto musicalmente ed è anche una delle capitali della musica americana. Cosa ritieni di avere dentro di te e nel tuo stile di Detroit?
Cosa ho di Detroit nel mio sound? Probabilmente il fatto che mi piace la “musica proletaria”, quella dei pub dove il gruppo suona mentre la gente si scola l'ennesima birra. Non sono mai stato il tipo da concert hall, da auditorium classico. Stilisticamente ho sempre seguito due direzioni precise e le ho messe insieme: l’hard rock e il funky e, quando mi dicevano che erano generi incompatibili, rispondevo: “perché? Anzi, vanno benissimo insieme...” Per me, essere di Detroit (anche se sono nato nel Minnesota) ha significato vivere a contatto con gli eroi cittadini: MC5, Ted Nugent, Bob Seger e tutto il Motown Sound. Penso che in nessun’altra città degli USA ci sia una così grande commistione di generi.

Neanche a Los Angeles?
Lì c’è l’industria, il business. A Detroit c’è la musica fatta solo per piacere, per ritrovarsi la sera dopo una giornata di lavoro. A Los Angeles il crossover è calcolato, A Detroit è spontaneo.

Sei da vent’anni uno dei batteristi più ammirati della scena rock mondiale. Quali giovani batteristi pensi siano stati influenzati da te?
Bella domanda... non saprei. In campo rock, vedo molti ragazzi che iniziano a suonare la batteria seguendo l’esempio di personaggi come Chris Adler, Mike Portnoy e Joey Jordison. Oggi va di moda essere estremi, fare chiasso e intrattenere il pubblico con grandi equipment, ma questo non è il mio mondo (testuale: “not my cup of tea”)... Almeno, non ancora. Troppi batteristi giovani cercano di fare spettacolo con la tecnica e non con il groove. Così, quando mi trovo a qualche manifestazione fieristica come il Namm Show o ad alcuni festival per batteristi, mi ritrovo più a mio agio con gente cresciuta nella musica pop. Forse proprio i batteristi pop hanno conservato il groove del funk, la solidità del vecchio hard blues, che poi è lo stile che apprezzo di più. E comunque, sono contento di ispirare i batteristi pop. Pop deriva da “popular” e preferisco sempre essere “popular” piuttosto che “unpopular”. Quando avevo sedici anni, mi piaceva scoprire ed ascoltare ogni tipo di drummer, ogni genere musicale e non mi interessava se uno stava suonando rock o soul. Per me John Bonham e Billy Cobham erano allo stesso livello, in ognuno c’era qualcosa da apprezzare. Oggi, nella musica rock, vedo che si apprezzano solo quelli che suonano “loud” e, possibilmente, con un drumkit che riempie tutto il palco. Ok, va bene... ci sono ragazzi con una gran tecnica in giro al momento; però a volte non mi sento a mio agio ad ascoltarli, manca il feeling che ho cercato sui miei tamburi per tanti anni... In fondo, suonare in modo così estremo è anche un modo per mettere le distanze tra te e il tuo pubblico, per non essere “popular”...

Parlando di drumkit mostruosi tu però sei nel Guinness dei primati per aver suonato la batteria più grande del mondo...
Sì, è vero... una cosa incredibile! Mi avevano invitato a fare un piccolo show in un negozio del Michigan che aveva aperto da poco. Dato che conoscevo il proprietario, ho accettato per fargli un favore. Quando sono arrivato lì, c’era un sacco di gente, i tizi del Guiness Book e soprattutto questo drumkit enorme! Aveva oltre trecento pezzi (308 per la precisione...). “Hey! Ma che roba è questa?”, dissi. Per uno come me, poi, che detesta i drumset troppo complessi, trovarsi davanti a questa specie di mostro è stata un’esperienza allucinante. Comunque, dato che tutti me lo chiedevano, ho accettato di provarci e ti dico che è stato troppo divertente. Provare a suonare tutti i trecento pezzi e farlo nel pattern giusto è una sfida esaltante. Ma non la ripeterei mai in un mio disco! (ride)

E’ vero che stai preparando un disco da (quasi) solista?
Vero... questa è un’anticipazione esclusiva. Ad agosto, quando avremo finito la serie di concerti con i Chickenfoot, entrerò in studio per iniziare a registrare. Ed allora uscirà finalmente il primo album dei Chad Smith’s Bombastic Meatbtas! Questo progetto va avanti dal 2007, ma ancora non avevamo deciso di fare qualcosa dal punto di vista discografico. C’è Ed Roth alle tastiere, Jeff Kollman alla chitarra e Kevin Chown al basso; ci siamo conosciuti durante i tour con Glenn Hughes. Ogni volta che ci dovevamo riscaldare, improvvisavamo delle linee funky. Ad un certo punto – dato che Glenn ritardava sempre in studio – ci siamo resi conto che avevamo realizzato veri e propri brani, con un inizio e una fine, e così ci siamo ripromessi di mettere su una band stabile.

Qual è lo spirito di questa formazione?
Non abbiamo nessun cantante, facciamo solo musica strumentale e stilisticamente i Meatbats hanno molto a che fare con il funk e il soul, anche se in chiave decisamente rock e con tanto senso dell’umorismo. Mi piace pensare a noi come a una versione funk dei Mothers Of Invention. Ci sono già dei brani sul nostro MySpace ma non è detto che, quando sarà il momento di registrarli, rimarranno uguali.

In che senso?
Non vogliamo perdere la spontaneità delle nostre jam. Per cui registreremo tutto rigorosamente dal vivo e ci lasceremo la libertà di improvvisare dove ci viene meglio. Il disco sarà composto da undici brani strumentali totalmente old school... Ci sarà molto funk-pop e tanto blues, ma ci siamo lasciati la libertà di cambiare tutte le carte in tavola al momento di iniziare. Quello che è certo, è che prima della fine dell’anno, il mondo conoscerà i Bombastic Meatbats!

Hai collaborato molto spesso con Glenn Hughes, sia suonando nei suoi lavori più recenti, sia andando in tour con lui. Non hai mai pensato di formare una vera band con lui e magari Dave Navarro?
Glenn Hughes è un ottimo amico e con lui ho lavorato a molti dischi che reputo eccellenti. Un po' meno con Dave Navarro, dato che lui, in genere, aggiunge le sue parti di chitarra in un secondo momento, quando le basi sono state registrate in un altro posto. Per cui non ho avuto tante occasioni di suonare realmente insieme a lui. Perché non ho mai fatto una band con Glenn? Non lo so. A volte ci abbiamo pensato ma credo che lui non gradisca e così non ho mai approfondito l’argomento. Io, del resto, ho già mille impegni e vorrei anche dedicarmi un po’ alla famiglia.

Tra questi mille impegni, non sembra che quello con i Red Hot Chili Peppers sia uno dei più pressanti...
Beh, sai i Red Hot Chili Peppers non sono una band di gran lavoratori... Facciamo un disco e un tour ogni quattro anni, per cui di tempo a mia disposizione ne rimane...

Anthony Kiedis, invece, ha spesso dichiarato che la band è ferma perché lui fatica a reggere il ritmo dei tour...
Beh, lo capisco, ma per un cantante è diverso. E’ come un attore: ogni sera devi recitare e non è facile trovare sempre la giusta tensione. Alla fine ti esaurisci, non ce la fai a sopportare il peso della maschera. Per me suonare la batteria è la cosa più naturale del mondo. Ti giuro che, alla fine di ogni concerto, non sento la fatica accumulata, specialmente se tutto è andato liscio. Potrei suonare per ore e non accorgermene neanche.

Questa è la ragione delle tue innumerevoli apparizioni in decine di progetti diversi?
Certo. Non riesco a stare senza suonare per troppo tempo. Trovare le energie per andare avanti è una questione che non mi sono mai posto molto. Lo faccio e basta e ancora oggi mi diverto con la musica che ho sempre amato. Per questo amo l’atmosfera della jam session, perché ti consente di suonare per il piacere di farlo e non solo perché devi rispettare un impegno contrattuale con qualcuno. Unire le due cose, però, come nel caso di Chickenfoot e Bombastci Meatsbats, è il massimo...

Chad Smith equipment


Pearl Reference Series drumkit
24”x16” bass drum
12”x10” tom
14”x14” floor tom
16”x16” floor tom
14”x5” Chad Smith Signature snare drum
14”x5,5” Steel Sensitone snare

Pearl Hardware
C1000 straight stand x 5
P2000C pedal
H2000 hi-hat pedal
S2000 snare stand
D1000S throne
T2000 double tom stand
B1000 boom stand
AX20 adapter

Sabian Cymbals
AAX XCelerator Hats 14”
AA Splash 10”
AA Medium Crash 19”
AA Rock Ride 21”
AA Rock Crash 20”
AA Chinese 19”

Percussions
Gon Bops: Red Rock Bell Cowbell
Latin Percussion: Red Medium Pitch Jam Block

Remo Heads
Tom (12”, 14”, 16”): Clear Emperors (top). Clear Ambassadors (bottom)
Cassa (24”): Clear Powerstroke 4 con Flam Slam Patch (battente). Custom Design Powerstroke 3 Head (resonante)
Rullante (14”): Coated CS Controlled Sound (top), Hazy Emperor (bottom)

Vater Sticks
Chad Smith Funk Blaster Signature

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