LARNELL LEWIS Slice Of Life

Andrea Martini 12 set 2024
Si intitola "Slice Of Life" ed è il nuovo album di Larnell Lewis. Un titolo emblematico che il popolare batterista degli Snarky Puppy adotta con l’intento di restituire i sentimenti che lo accompagnano nella sua vita di uomo e musicista...

“Un metro e 95 di ritmo, sempre a caccia di vestiti adatti alla mia taglia e alla disperata ricerca di posti comodi, soprattutto per le mie ginocchia, sugli aerei! [ride] Adoro la musica e sono costantemente alla ricerca di nuovi modi e forme per riuscire ad esprimere quello che mi arde dentro: la batteria è il mio veicolo sublime, la considero un prolungamento della mia anima e anche l’estensione della mia personalità e fisicità ingombrante…”
Con queste parole dette in tutta serenità e con un pizzico di ironia, Larnell Lewis si era presentato alla nostra rivista qualche mese dopo l’uscita di quel Chulcha Vulcha firmato Snarky Puppy (il pluri-sfaccettato collettivo di jazz, fusion, funk, rock) vincitore di un Grammy Awards come Miglior Album Strumentale Contemporaneo del 2016.

Già, Larnell Lewis... Non accade così spesso che i filamenti del DNA generino un sopraffino intreccio di talento, passione e creatività, aggiunti a un’anima serena, carica di fede e semplicità, ma nel suo caso ...
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info intervista

Larnell Lewis
Slice Of Live
è proprio così e sono proprio questi gli ingredienti che fanno di Lewis un batterista, compositore, produttore e insegnante, tra i più rispettati della scena internazionale.
Lo abbiamo raggiunto in videochiamata ed ecco di seguito quel che ci ha raccontato di sé e di "Slice Of Life", il suo nuovo album da solista. (www.larnelllewismusic.com)


Ciao Larnell, innanzitutto grazie per aver accettato il nostro invito...
Grazie a voi, è un vero piacere!


Naturalmente partiamo dal tuo nuovo album, Slice Of Life, letteralmente, una fetta di vita...
Già... Slice Of Life mi ha dato l’opportunità di mettere a fuoco il sintetico riassunto della mia vita di questi ultimi anni. E’ davvero come una fetta [Slice] della mia vita, o una istantanea del punto in cui mi trovo oggi a livello musicale, emotivo e mentale. Molte cose sono cambiate nella mia vita dal mio album precedente [In The Moment 2018] e a un certo punto mi sono finalmente sentito pronto a condividerle con chi mi ascolta.

In effetti, le sei tracce dell’album restituiscono atmosfere cariche di spessore, oltre che la tua statura di batterista e musicista, naturalmente...
Si tratta di una raccolta di pensieri fatta attraverso la mia esperienza di musicista e al contempo di padre e marito. Ho speso tanto tempo con i miei figli giocando con loro, facendo musica con loro e aiutandoli a imparare alcune cose della vita; ed ho speso tanto tempo in tour e a lavorare sulla musica, ricordando a me stesso che amo i miei figli più di tutte le stelle nel cielo che appaiono quando dormono e che sarei quindi tornato presto ad abbracciarli e a ridere con loro. Direi che tutti questi pensieri hanno generato la musica dell’album. Ma dentro ci sono anche le riflessioni su quanto ho fatto per muovermi nella mia vita di musicista: l’importanza di imparare dimenticando me stesso e le persone, e la necessità di trovare ogni volta un rifugio per raccogliere le idee e i sentimenti. Una fetta di vita è semplicemente un’istantanea della mia transizione attraverso momenti di apprendimento e gratitudine.

Hai impiegato tanto a realizzare questo disco?
In quanto alla registrazione in sé non troppo tempo. Io e la band avevamo suonato i brani in una serie di date qui in Canada, quindi li avevamo già ben metabolizzati ed entrando poi in studio siamo andati via dritti... La sfida, invece, è stata quella di creare gli arrangiamenti a priori, ma sono soddisfatto del risultato.

Jazz, fusion, funk, gospel e ritmi caraibici, convivono egregiamente ed in egual misura nel tuo drumming, come riesci a farlo?
Sicuramente si tratta di averli ascoltati tanto e per taluni generi di avere anche osservato bene i movimenti delle danze che li caratterizzano. Sono tante le componenti che costituiscono l’essenza di un genere di musica: non è facile metterle a fuoco tutte e immagazzinarle, ma con il tempo ci si può riuscire.

Sei endorser di parecchi marchi di prestigio, ci dici che genere di equipment hai utilizzato per registrare il disco, cominciando dalla batteria?
Ho usato la mia Yamaha PHX: cassa 22”x18”, tom 10”x7”, 12”x8”, floor tom 16”x15. Come rullante ho utilizzato in prevalenza il Musashi Snare 10”x4,75”, oltre che il Brass Recording Custom Snare 13”x6,5” ed il Birch Recording Custom Snare 14”x8” per certi interventi. Come hardware, un mix delle serie 700 e 800 e pedale FP9. In quanto alle pelli, ho utilizzato le Evans UV2 e G1 per i tom (battenti e risonanti); EQ3 Clear per la cassa; UV1 e Hazy 300 (per il rullante) e Black Hydraulic Coated e Hazy 300 (per i rullanti secondari). Ho suonato anche diversi piccoli strumenti a percussione, tipo campanacci, shaker, brass clam bells e quant’altro, tutti Latin Percussion.

Piatti Zildjian, giusto?
Giusto. 14” HiHat K/K Custom, 22” K Custom Dark Complex Ride, 18” e 20” K Cluster Crash, 17” K Custom Special Dry Trash Crash (con i rivetti), 16” China Stack FX, 10” Splash A Custom e 10” FX Trashformer.

Bacchette?
Per la batteria ho utilizzato le Promark Firegrain Rebound 5A, mentre per le percussioni dei mallet Jonathan Haas Series JH6 Soft Timpani, sempre Promark.

Il tuo background è fatto di studi di armonia, teoria musicale e composizione, senza contare che suoni anche basso e piano; un mix solido e raffinato che, peraltro, aveva portato il tuo precedente album, In The Moment, a una nomination ai Juno Awards. Dici che tutto ciò contribuisce anche a modellare il tuo drumming?
Certo. I miei studi di armonia e composizione influenzano le scelte che vado a fare quando suono la batteria. Ad esempio, l’ascoltare una progressione e intuire al volo la scelta dello stile e della tecnica da utilizzare in quel momento, senza contare il fatto che mi aiuta nell’interplay con il basso e a generare un groove solido e coeso per consegnare l’adeguato supporto al brano che si suona in quel momento.

Hai collaborato con svariate stelle del jazz ma alla fine hai raggiunto la popolarità con gli Snarky Puppy, un ensemble votato a una mirabile fusione dei generi, là dove è il groove a farla da padrone: che genere di approcci intervengono in questi due habitat diversi?
Il discorso sta nelle dinamiche e nelle sonorità ed io faccio del mio meglio perché funzionino nel modo giusto per la band e per la musica che si suona. Con gli Snarky Puppy inserisco nel drumkit tre rullanti diversi, accordati in maniera diversa – high, medium, deep – in modo da suonarli ove occorre e cambiare il feeling del pezzo; mentre con il Jeremy Ledbetter Trio, con Laila Biali, con Joy Lapps o comunque nelle situazioni jazz, utilizzo in genere un drumkit da cinque pezzi e un solo rullante. In tutti i casi, come dicevo, sono le dinamiche a fornire il respiro a un pezzo.

È cosa nota che gli Snarky Puppy siano un organico ampio e in costante movimento: come ti organizzi con Jamison Ross e Jason Thomas, i due batteristi con cui alterni lo sgabello?
Ci organizziamo in base al calendario della band e alle nostre rispettive disponibilità e facciamo del nostro meglio per suddividerci le date dei tour nel modo più equo.

Essendo anche un docente dell’Humber College avrai sicuramente un’agenda fitta di impegni...
I vari impegni in agenda formano una equazione che io chiamo la mia vita di musicista! [ride] In tutti i casi, ci sono persone che mi aiutano nell’organizzazione di eventi, viaggi e dettagli vari; dal canto mio, cerco di essere il più efficiente possibile ma non sono certo perfetto e dunque sono molto grato a coloro che mi supportano. Senza di loro parecchio di quel che faccio non sarebbe proprio possibile!

Che genere di ruolo hai all’Humber College?
Sono a capo della sezione dedicata a batteria e percussioni e ciò significa verificare il progresso di apprendimento di ciascun allievo e i programmi di studio e certificazioni. Faccio le master class per gli studenti del secondo anno e mi occupo di un corso dedicato alla presenza scenica e alla gestione del business del musicista.

Tu hai cominciato a suonare la batteria a soli due anni, quanto ti ci è voluto per imparare quanto meno ad accompagnare?
Ciascuno impara in modi e tempi differenti. In generale, penso che per imparare a suonare la batteria non ci voglia così tanto tempo, ma avere la padronanza di questo strumento è un viaggio che dura una vita intera!

Cosa ti ha ispirato ad avvicinarti alla batteria?
Credo che la batteria sia uno strumento che affascina tutte le persone, a maggior ragione i bambini! I miei genitori facevano parte di un gruppo gospel e mio padre era il direttore musicale della chiesa che frequentavamo e mi portavano sempre alle loro prove. In pratica, ho cominciato a suonare la batteria in chiesa e ho sempre pensato di voler essere un batterista, anche prima di sapere che cosa significasse davvero.

Chi sono stati i tuoi principali insegnanti?
Oral Lewis, ovvero mio padre, quindi Rob Varro, Mark Kelso, Paul Delong e tutti gli altri mentori che ho avuto la fortuna di incontrare crescendo.

Quale è stato il momento più memorabile della tua carriera di musicista?
Quando il mio primo album, In the Moment, è stato nominato per un Juno! [Juno Awards sono i premi canadesi equivalenti ai Grammy Awards statunitensi] E’ stato il culmine del lungo percorso che ho fatto e che mi ha portato dall’essere un musicista di contorno all’essere un musicista completo e peraltro riconosciuto a livello nazionale. E’ stata una cosa che mi ha colto di sorpresa ed è stata fantastica!

Quale è stato il punto di svolta della tua carriera?
In realtà sono stati più di uno, ma te ne voglio citare i due più recenti. Il primo è stato la mia apparizione al Drumeo nell’autunno del 2013 con una video-lezione di batteria acustica che andava ad aggiungersi a quella del novembre del 2012 con la batteria elettronica. C’è stata un’incredibile reazione online ed io, a quel punto, ho capito di aver sviluppato una maggiore sicurezza con quel tipo di insegnamento. Il secondo momento è stato la registrazione di We Like It Here (2014) degli Snarky Puppy. Fino a quel momento avevo suonato con loro in qualche occasione quindi avevo una certa familiarità con i ragazzi e con il mood della band, ma registrare con loro ti assicuro che è una storia completamente diversa e fantastica. L’uscita del disco ha generato un grosso entusiasmo dell’audience e tanta attenzione anche verso di me.

Parlando di Snarky Puppy, si tratta di un ensemble enorme che talvolta raggiunge anche i quaranta elementi: è difficile lavorare per trovare il giusto balance?
Gli Snarky sono una famiglia composta da parecchi musicisti: un organico di diciannove elementi per quanto riguarda le registrazioni e di dieci/undici elementi per quanto riguarda i live. Tutti i musicisti coinvolti sono compositori e produttori d’esperienza e ciò significa poter disporre di parecchi contributi riguardo agli arrangiamenti e poter lavorare con la massima fluidità. Tutti noi, inoltre, abbiamo l’obiettivo di suonare per la band ed è fantastico...

In generale, come ti prepari prima di una performance?
Faccio del mio meglio per mantenermi calmo, ricordando a me stesso che ho la preparazione per fare quel concerto o quella session. Faccio un po’ di esercizi per il riscaldamento delle mani, lentamente, con le bacchette, curando la fluidità dei movimenti. Quindi, mi prendo un po' di tempo per ridere e sorridere, giusto per incoraggiare una certa leggerezza interiore prima di salire sul palco.

I tuoi 5 batteristi preferiti?
Wow… Dennis Chambers, Dave Weckl, Calvin Rogers, Brian Blade, Terri-Lyne Carrington. Io dico che Chambers è uno dei più grandi batteristi di tutti i tempi. La sua precisione nel piazzare ogni nota e la limpidezza del suo sound sono incredibili... per non parlare del suo groove! Lui è la principale ragione per cui ho aumentato la velocità del mio pedale. Pensavo che lui usasse un pedale singolo per gran parte di quei suoi crossover cassa/piatti e così ho deciso di andare per quella strada ripercorrendo i suoi fill... Poi però ho scoperto che si trattava di un doppio pedale! [ride]
In quanto a Weckl, il suo suono è incredibilmente pulito, senza contare, naturalmente, la sua tecnica dietro i tamburi ed anche il suo know-how di sound engineer! Calvin Rodgers è stato uno delle mie stelle polari... E’ stato uno dei protagonisti di gospel, R&B, pop, specialmente in studio di registrazione: suono pulito e potente e creatività messa al servizio della musica. In quanto a Brian Blade, è stato un vero modello dell’espressione con quell’enorme lavoro sulle dinamiche capace di caratterizzare la musica che suonava, mentre Terri-Lyne Carrington... lei è così funky e contagiosa!

Per la maggior parte dei musicisti l’originalità del proprio stile arriva con il tempo ed è preceduta da una fase di apprendimento in cui spesso si emulano gli altri: per quanto ti riguarda, come sono andate le cose in questo senso?
Ti dirò... ho ottenuto spesso degli ingaggi proprio per la mia abilità nell’emulare lo stile di altri batteristi e colpire nel segno piuttosto rapidamente!

Sei un musicista, un compositore, un produttore e un insegnante: c’è un risvolto della tua attività che ti piace di più?
Amo guardare la musica da ogni prospettiva! Ogni risvolto della mia attività di musicista rappresenta diverse parti di me: adoro suonare e mettermi ogni volta al servizio della musica, così come lasciarmi andare e comporre, ed insegnare tutto quel che mi è stato trasmesso. Amo gli strumenti che suono e naturalmente adoro la batteria... il mezzo che consente la mia espressione interiore!

Cosa ti piace fare nei momenti di relax?
Il cubo di Rubik! E’ un passatempo grandioso, soprattutto durante i viaggi.

Che cosa consiglieresti ai giovani batteristi intenzionati a seguire le tue orme?
Ai giovani batteristi e ai musicisti in generale, dico sempre di ascoltare, ascoltare, ascoltare la musica, poiché l’orecchio ce lo si costruisce in quel modo... imparando via via a capire ciò che si ascolta. E studiare sodo, naturalmente, Inoltre, ricercare ogni opportunità lavorativa, come strumentista, compositore, produttore, insegnante, e cominciare. Non importa da dove, quel che è importante è cominciare ora!



Nato a Toronto (Canada) il 22 marzo 1984, da genitori caraibici, Larnell Lewis si avvicina alla batteria sin da bambino e ammaliato dai generi che ascolta in casa, in chiesa e nella comunità caraibica che la famiglia frequenta, si mette a studiare senza sosta gospel, soca, calypso, reggae e funk; li miscela con gusto e acquisisce via via la padronanza e il controllo del drumkit; quindi, amplia il suo know-how studiando basso e pianoforte, armonia ed ogni aspetto legato al comporre musica. Talento innato, passione indomita, creatività esagerata e curiosità sfrenata, faranno il resto...

Terminati gli studi all’Humber College di Toronto, là dove si fa notare, Lewis si introduce nei circuiti jazz fusion e si guadagna il titolo di Emerging Jazz Artist della Ontario Arts Foundation: da lì in avanti Fred Hammond, Michael Brecker, Dave Holland, Pat Metheny, Tim Ries, Glenn Lewis, Matt Dusk, Lisa Fisher, e una pletora di ulteriori altre stelle luminose del firmamento jazz, chiameranno Larnell Lewis in studio e sul palco.

Lewis entra negli Snarky Puppy, il pluri-premiato e pluri-popolato collettivo di jazz fusion guidato dal bassista Michael League, e con loro registra We Like It Here (2014) e via via tutti gli altri album a seguire (al momento, l’ultimo è Empire Central, 2022).

Nel 2018 Lewis dirige la premiere del docu-film “Quincy” (dedicato a Quincy Jones) presentato al Toronto International Film Festival e si guadagna le lodi di stampa e audience. Sempre nel 2018, Lewis pubblica il suo primo album da solista, In The Moment, che si aggiudica una nomination ai Juno Award canadesi nella categoria Jazz Solo Album Of The Year. (Nell’album, a titolo di esempio, ci sono Mark Lettieri, chitarrista con gli Snarky Puppy, Shaun Martin, Mike Downes, Marito Marques...). Nel 2020 Lewis re-intrepreta una manciata di tracce del suo primo album e le raccoglie in Relieve The Moment mentre a marzo 2024 pubblica Slice Of Life: “una sorta di istantanea di quel che sono oggi come musicista, padre e marito...”, proprio come recita l’emblematico titolo del disco.

Attivo anche nell’insegnamento, Larnell Lewis ha una cattedra al prestigioso Humber College di Toronto (Canada).


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