Sono australiani ed il loro habitat naturale è il prog nelle sue declinazioni rock e metal. Creativi, ispirati e coesi, la loro musica pompa come le pulsazioni nelle vene. E’ così sin dal 2011, quando aprono i battenti in quel di Brisbane, ed è così anche per il loro nuovo disco che hanno titolato Charcoal Grace. Loro sono i Caligula’s Horse, naturalmente...
Non c’è che dire... il prog metal dei Caligula’s Horses sta valicando i confini australiani continuando a sorprendere positivamente la critica ed ampliare a macchia d’olio la fanbase. Non è un caso, infatti, che già dal 2015 la tedesca InsideOut Music li abbia voluti nel proprio roster e che a tutt’oggi supporti il loro ultimo Charcoal Grace, uscito il 26 gennaio 2024. Una bella soddisfazione per il quartetto australiano che si è formato nel 2011 a Brisbane (Queensland) e che oggi, dopo qualche variazione della lineup, continua a ricercare i territori più fertili su cui nutrire la loro creatività, tecnica e voglia di sperimentare.
Sesto album di studio, Charcoal Grace nasce nel forzato break della pandemia ed è così che risente del contrasto degli stati d’animo che animano la band allora, là dove frustrazione e voglia di sperare si
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alternano come in una catarsi che, alla fine, produce sollievo. Con il suo drumming preciso e pulsante, influenzato dalla complessità e creatività di Mike Portnoy con i Dream Theater, Josh Grey mette nel disco la sua marcata impronta batteristica, la sua voglia di sperimentare le nuance sonore più raffinate, ma anche il suo contributo nel songwriting e basta ascoltare Golem, The World Breathes With Me o The Stormchaser per rendersene conto al volo. Un disco di cui egli stesso ne va particolarmente orgoglioso, come ci dirà nell’intervista che segue.
CALIGULA’S HORSE lineup 2024 Jim Grey (vocal) – Sam Vallen (guitar) – Dale Prinsse (bass) – Josh Griffin (drum)
"Charcoal Grace" - Il titolo del disco i Caligula’s Horses lo spiegano come “un fascino cupo ed una strana bellezza della quiete, del silenzio e del disagio”; sensazioni ben tangibili nei 10 minuti della traccia di apertura, The World Breathes With Me, quella che sarà la dichiarazione di intenti dei temi percorsi dall’album. Considerabile un concept, "Charcoal Grace", si compone di tre parti, A, B, C, la cui prima è costituita dalla traccia di apertura, seguita da Golem a risentire della battaglia con il peso delle aspettative della pandemia, sottolineata dall’enfasi dei riff e dal pulsante driving della batteria. La parte B si compone di quattro suite capaci di alternare soffici atmosfere acustiche a momenti di sfogo, nell’intento di restituire sentimenti di introspezione, alienazione e al contempo connessione, dell’essere umano in quel periodo di costrizione. La parte C accoglie le tre tracce finali, miscelando l’energia del rock agli stadi emotivi più profondi.
Ciao Josh, partiamo naturalmente da Charcoal Grace, il vostro nuovo disco che, a pochi mesi di distanza, ha raccolto consensi entusiastici e vi ha già portato in tour tra Stati Uniti e Canada per 18 date; si tratta di un concept, per il cui lancio vi siete affidati a tre tracce, come le avete scelte? Abbiamo discusso parecchio per capire il da farsi, quindi abbiamo deciso che Golem sarebbe stata la prima traccia da presentare: qualcosa tipo “buttiamo giù la porta, ora che siamo tornati!” Poi abbiamo pensato a The World Breathes With Me, considerando che rappresenta l’essenza della missione dell’album; quindi a The Storm Chaser che si discosta un po’ dalla traiettoria.
Come hai gestito il tuo approccio riguardo agli innumerevoli ritmi, groove, fill, che caratterizzano le tracce del disco? Cerco di dare il massimo in ogni situazione e, soprattutto, ogni volta mi metto alla prova. Prima di tutto mi concentro sui fill, anche perché è davvero facile cadere nella trappola della comfort-zone. Sam [Vallen] mi stimola parecchio in questo senso perché ha delle idee davvero folli. Nel corso della composizione dei brani è capace di inviarmi un messaggio chissà a che ora, chiedendomi il parere su quel certo groove o frase che ha in mente. Io gli dò subito corda e quindi un po’ me la vado a cercare! [ride]
Solitamente, per affrontare un brano cominci dal ritmo e ci costruisci sopra la melodia o fai l’opposto? Può accadere in entrambi i modi. Ad esempio, Oceanrise [dall’album Rise Radiant del 2020] era partito da una tripletta di sedicesimi con uno shuffle col tempo dimezzato; la cui cosa aveva spinto subito Sam ad inserirci la melodia che aveva in mente. Il brano, quindi, si è sviluppato da lì. Questo per dire che dipende sempre da dove e da come ti viene l’ispirazione. Noi la seguiamo sempre, per vedere dove ci porta a parare.
Come ti regoli con i momenti di improvvisazione? Come dicevo, tendo ad ascoltare la chitarra per trovare il momento giusto in cui inserirmi ma mantengo come obiettivo il suonare con la band, al servizio della musica. Devo anche dire che negli anni ho suonato tanto e con tanti musicisti e ciò ha contribuito a costruire il mio vocabolario musicale; la cui cosa mi consente di tuffarmi in qualsiasi situazione.
Che genere di equipaggiamento hai utilizzato per le registrazioni di Charcoal Grace? Ho usato una Pearl Maple Masters settata in due configurazioni. Per la maggior parte dell’album ho utilizzato rock tom da 10 e 12” e floor tom da 14” e 16” e per registrare The Stormchaser ne ho aggiunto uno da 8”. Riguardo ai rullanti, ho utilizzato un Ludwig Black Beauty 14”, un Gretsch Bell Brass 14” ed un Pearl Reference Pure 13”. Come bacchette, ho suonato con le ProMark 5A Rebound, mentre riguardo alle pelli, sono sempre stato un fan delle Remo Emperor: clear per i tom, Controlled Sound Coated per il rullante e generalmente Powerstrike clear per la cassa. In quanto ai piatti, uso esclusivamente Meinl.
C’è stata una traccia del disco che ti ha impegnato maggiormente? Sicuramente la suite The Charcoal Grace. Si compone di quattro parti della durata complessiva di oltre 24 minuti e posso dire che è stata una bella sfida con tutto quel che c’era da tenere in conto in quei minuti. La parte II e la parte IV, così piene di poliritmi e cambi di tempo, mi hanno dato del filo da torcere ma al contempo sono state le più stimolanti.
C’è invece una traccia che rappresenta al meglio il tuo drumming? Sicuramente Mute. Ho utilizzato qualsiasi cosa avessi nella mia cassetta degli attrezzi! [ride] C’è anche un mio assolo verso la fine... E’ un brano super intenso e super tecnico, ma anche carico di groove e mi sono emozionato nel suonarlo. Confesso che ne sono incredibilmente orgoglioso.
L’album si compone delle quattro suite di cui dicevi a cui si aggiungono ulteriori cinque tracce, anch’esse di lunga durata, nella pura tradizione del prog metal: definiresti Charcoal Grace un concept album? Lo definirei così in quanto ai temi trattati, pur se in realtà non avevamo deciso a tavolino di fare un concept. E’ venuto fuori così, dalla situazione che stavamo vivendo ai tempi della pandemia.
Se oggi, a bocce ferme, ascolti Charcoal Grace ritieni che i Caligula’s Horse abbiano fatto degli step in avanti in termini di suono e songwriting, rispetto ai primi album? Il sound di ciascuno di noi è maturato molto nel corso degli anni e di conseguenza il sound della band. Non a caso, ogni volta che ci imbarchiamo nell’avventura di un nuovo album, andiamo a riguardare il precedente con l’obiettivo di fare sempre meglio. E’ un processo che ci stimola e ci entusiasma al contempo.
Il vostro 2024 European Tour vi porterà anche nel nostro Paese il 21 maggio: voi siete una band australiana, che effetto vi fa esibirvi davanti al pubblico europeo? Onestamente, dopo la pandemia non pensavamo che avremmo avuto di nuovo l’opportunità di tornare in tour, quindi io mi sento incredibilmente fortunato e gasato al pensiero di rimettere piede in Europa. I nostri fans europei sono semplicemente meravigliosi e ci teniamo parecchio a loro e alle esperienze che andremo a condividere con loro di data in data.
Sei entrato nella band nel 2016 ereditando lo sgabello di Geoff Irish: era tua intenzione rinvigorire la direzione della band, oppure mantenerla così com’era, sulla scia del tuo predecessore? Una combinazione di entrambe le cose. I ragazzi della band spingevano perché io ci mettessi la mia personale impronta e al contempo io volevo anche rispettare il lavoro di Geoff. Col passare del tempo il nostro amalgama è fuoriuscito in maniera fluida e naturale.
Siamo curiosi... come va la scena prog metal australiana? Attualmente, in tema di prog metal, l’Australia è in una posizione che definirei unica. Così tanti musicisti sparsi nelle diverse parti del Paese, nostri contemporanei, stanno mettendo a punto le loro coordinate e sound. Girano un sacco di band incredibili, tipo Karnivool, Voyager, Plini, giusto per fare nomi. Io mi sento fortunato di essere parte, nel mio piccolo, di questo movimento tellurico del prog metal.
Che genere di routine adotti per praticare? È una routine con diverse variabili ma non mi faccio mai mancare il warm-up per cominciare. Spesso utilizzo un esercizio che mi ha mostrato anni fa un vecchio insegnante: note singole, doppie, quindi paradiddle di base e multipli, e poi talvolta li inverto. Mi diverto un sacco!
Domanda d’obbligo, quali sono stati i tuoi batteristi di riferimento? Uno dei miei primissimi idoli è stato Dave Grohl, il quale mi ha fatto capire cosa significhi l’attitudine verso il rock. Detto ciò, i due batteristi che mi hanno influenzato e mi influenzano maggiormente sono Jimmy Chamberlyn (The Smashing Pumpkins) e Mike Portnoy in ogni contesto. Il drumming di Chamberlyn mi ha davvero aperto gli occhi: guardarlo suonare e percepire le sue influenze jazz fusion ha cambiato davvero le mie regole del gioco. In quanto al grandioso Mike Portnoy, che cosa aggiungere? Lui è stato la mia porta di passaggio per entrare nel prog metal!
Suoni altri strumenti oltre che la batteria? Ci provo sempre con la chitarra e il pianoforte ma a dire la verità non sono un granché! [ride]
Più una boutade che una domanda: se tu non fossi diventato un batterista, a quale altra professione ti saresti dedicato? Credo che avrei fatto il film maker, visto che il cinema che è un’altra mia grande passione!