Batterista e sessionman tra i più stimati, Brian Tichy non ama certo stare fermo o sedersi sugli allori. Costantemente impegnato nelle situazioni più diverse, ora siede dietro il drumkit dei Dead Daises, la formazione di hard rock nata a Sydney ma che coinvolge ora valenti musicisti californiani…
Abbiamo incontrato Brian Tichy a Milano, poco prima dello show dei Dead Daisies in apertura ai Whitesnake. Brian è stato ospite della nostra copertina nel 2013 ed è stato quindi un piacere incontrarlo di nuovo e sapere dove il suo drumming lo abbia portato da allora.
Nato nel 1968 a Denville (New Jersey), Brian Tichy ha suonato con una nutritissima schiera di artisti, tra cui Billy Idol, Ozzy Osbourne, Slash, Seether e Foreigner: oltre che, naturalmente, Whitesnake e Dead Daisies.
Dead Daisieslineup John Corabi (vocal) – Richard Fortus (lead guitar) – David Lowy (rhythm guitar) – Marco Mendoza (bass) – Dizzy Reed (keyboard) – Brian Tichy (drum)
Stasera suonerai con i Dead Daisies, opener band dei Whitesnake. Attualmente sei un membro stabile della band, oppure il loro batterista di questo tour? Questa band è stata imbastita proprio
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con l’idea dei musicisti che si alternassero. Avevo suonato con loro nel 2013 ed era andata bene; poi, nel 2014, mi chiesero se potevo fare il tour in Australia nel mese di febbraio ma purtroppo avevo dovuto rinunciare a causa di altri impegni.
La stessa estate mi proposero un tour da fare assieme ad altre band, come Lynyrd Skynyrd, Bad Company, Kiss, Def Leppard: ero libero, perciò ho accettato. Successivamente abbiamo fatto anche la Kiss Cruise in Australia. Nel 2015 ho fatto con loro il tour a Cuba e, successivamente, il programma prevedeva il nuovo disco da registrare in Australia.
Non ci sarei potuto andare, perciò di quel disco ho solo registrato due brani, appunto a Cuba. I Dead Daisies hanno quindi fatto il tour europeo estivo con i Kiss che purtroppo io non ho fatto a causa di altri impegni. A partire dal tour estivo con i Whitesnake, sono rientrato nei Daisies… Ecco, in questo momento posso dire di essere un membro piuttosto stabile della band ed infatti abbiamo già parlato dei progetti importanti del 2016: nuovo album e date inclusi. Essere con i Dead Daisies è bello innanzitutto perché siamo un gruppo di amici: abbiamo collezionato tutti esperienze diverse e le riversiamo con energia in questa formazione.
Oltre a ciò, è molto importante per una band avere un budget per la promozione… Se hai una hit in classifica è l’etichetta discografica a sostenere la promozione a livello economico, pur se oggi non è sempre così (!) ebbene, riguardo ai Dead Daisies, vi sono persone esterne che ci credono e stanno investendo sul progetto. Per questo motivo abbiamo la possibilità di stabilire degli obiettivi e muoverci adeguatamente per raggiungerli.
Hai suonato con un sacco di artisti, da Billy Idol agli stessi Whitesnake, dai Foreigner a Slash. Qual è lo stile che ritieni più adatto al tuo drumming e ai tuoi gusti? Mi piace molto il progressive, suonare cose ben strutturate. Non esattamente il progressive nel senso inteso dai batteristi odierni, ma quel che gravita attorno al mondo di Bill Bruford, Dennis Chambers e Simon Phillips… Ti dirò che io adoro John Bonham, anzi è il mio batterista preferito: nel suo drumming c’era il suono, note e pause, groove e finezze varie. Lui aveva la visione completa di ogni brano e si muoveva in tale direzione con un gusto unico. E’ per questo motivo che amo inserire nel progressive un solido drumming di questo tipo. É bello essere versatili ed inserirsi senza problemi in varie band, ma è altrettanto bello potersi esprimere al 100% quando suoni la tua musica. Adoro anche il funk e batteristi come Clyde Stubblefield accanto a James Brown e Dave Garibaldi con i Tower of Power. Io temo di essere un batterista un po’ pesante per quel genere di musica, ma lo adoro perché porta le persone a muoversi e ballare e il batterista a entrare dentro il groove.
Circa un anno fa sei passato alle batterie Ludwig. Si tratta di un scelta legata alla tua passione per John Bonham o ci sono altre ragioni? Ma, sai… ti leghi a un marchio di batterie a qualunque livello, con una stretta di mano o con un contratto formale, ma se le cose a un certo punto prendono una direzione che non ti aspetti, è normale che gli accordi cambino. Per questo motivo è fondamentale trovare un marchio che ti segua in base alla direzione che la tua carriera prende. Ho iniziato a lavorare con Natal nel momento in cui era un marchio nuovo, con delle aspettative riguardo alla diffusione e crescita. Ma ci vuole del tempo e tutti sappiamo che là fuori ci sono un sacco di marchi e che farsi largo è davvero difficile. A un certo punto ho pensato che sarebbe stato più giusto andare verso un marchio con cui sono cresciuto e che conosco bene. Ci sono un sacco di grandi marchi di batteria, ma Ludwig è Ludwig! Ludwig significa Beatles, significa Buddy Rich! Oltretutto, la cosa avrebbe avuto anche un senso ulteriore visto il mio ruolo nel progetto Bonzo Bash ed il fatto che per tale evento mi ero comperato un set acrilico Ludwig. Quindi, lavorare con loro ed averli come sponsor del Bonzo Bash è una figata!
Sei un batterista meticoloso riguardo al setting del tuo drumkit, oppure sei più della serie “ti siedi e suoni”? Prendo molto seriamente qualunque aspetto del suonare la batteria, soprattutto l’accordatura e come raggiungere velocemente il risultato che ho in mente. Chiaramente se qualcuno mi coinvolge in una situazione pronti-via! mi ci adeguo e mi diverto ma, in tutti i casi, entro certi limiti. Il mio drum tech, Lee, è fantastico: sul palco, prima di suonare, lui ha un sacco di cose da fare in più rispetto a me, ma riesce sempre a dare il massimo. Io ho bisogno che la batteria suoni dannatamente bene. Di recente ho suonato a Parigi con una batteria che hanno noleggiato sul posto, con delle pelli vecchie sui tom… un suono morto, privo di attacco... Ecco, queste sono le cose che non posso proprio sentire e mi fanno arrabbiare! Perciò sì, sono molto esigente quando si parla di accordatura e di tutto il resto. Pensa se ti consegnassero una chitarra con una action molto alta o ti cambiassero la dimensione di una corda dicendoti “vabbè, è sempre un Mi cantino!” La stessa cosa mi capita se mi consegnano un piatto più largo o meno largo di quel che io utilizzo… capisci cosa intendo? Per me è importante sedermi dietro i tamburi e intuire che tutto è perfetto. A nessuno interessa se tu non hai dormito, se l’hotel in cui alloggi fa schifo… tu devi dare il massimo sempre, ogni sera! Perciò, più sei vicino alla situazione ideale riguardo al tuo kit e più sarai a tuo agio e darai il massimo.
Come disponi il tuo equipment sul palco e come regoli i monitor in una situazione tipica? Oggi quasi tutti usano gli in-ear monitor e lo facciamo anche noi. Di base io ho bisogno di sentire cassa e rullante e talvolta chiedo anche un po’di overhead. Mi serve avere in cuffia anche il basso, non altissimo per non confondere troppo il mix, e le chitarre. Di solito, tutto pan-pottato come avviene sul palco. Se ho delle parti da leggere, solitamente le appoggio su un secondo rullante che ho lì vicino. Magari fisso il metronomo sullo stand dell’hi-hat, anche se non mi piace avere troppa roba in giro. Ho avuto anche un pedale remote per il metronomo... Mi aiuta parecchio visto che, come ben sappiamo, spesso sul palco partiamo in accelerazione! In conclusione, direi che mi piace essere organizzato con le mie cose.
Quando hai iniziato a suonare la batteria hai subito rivolto l’attenzione alla ricerca del suono o ti sei prevalentemente buttato su esercizi e rudimenti? Cosa suggeriresti ai nostri lettori per sviluppare il loro suono? Quando ho iniziato a suonare non ero minimamente in grado di accordare la batteria e non avevo nessuno che potesse insegnarmelo. Ho preso ad andare a lezione per imparare i rudimenti, imparare a leggere e via di seguito, ma l’insegnante non mi diceva come accordare la batteria. Lui era il batterista di una big band e probabilmente adottava una accordatura piuttosto alta. Ecco, io direi ai giovani batteristi di imparare ad accordare i propri tamburi! A un certo punto ho iniziato ad accordare meglio i tamburi, eppure il mio rullante non suonava mai come quello di Bonham, Bruford e Van Halen e mi chiedevo che cosa stessi sbagliando. Allora non sapevo che, di base, dovevo tirare molto la pelle inferiore e trovare il punto esatto di tensione di quella superiore. Ci sono batteristi che accordano la cassa molto alta, ci mettono dentro un grosso cuscino, tirano le pelli all’inverosimile e, alla fine, hanno un suono piccolissimo. Io tendo a stoppare al minimo, lasciando le pelli, battenti e risonanti, abbastanza molli. Regolando anche la cassa in questo modo - cosa che faceva anche Bonham¬ - è tutto un altro mondo! Di base, come avevo letto di Keith Moon, è sempre meglio tirare le pelli inferiori di tom e rullante. Per la cassa è sempre bene stoppare il minimo e non tirare troppo le pelli: non avrebbe senso avere una cassa che suona come un tom! Saper accordare la batteria è importantissimo. Quando ascoltate Bruford, Phillips, o Van Halen, individuate subito il loro suono, dato anche dalla regolazione del loro drumkit. Succede esattamente come con i chitarristi, Brian May, Angus Young, BB King… li riconoscete subito per il loro suono. Il suono è parte della personalità di un musicista.
Un paio di anni fa hai avuto un brutto incidente con la mountain bike. Hai recuperato al 100%? Direi oltre il 90%! Al momento ho ancora una placca e delle viti nella spalla e, se qualcuno mi stringe in quella zona o mi colpisce, sento dolore. Però se faccio attività fisica, e sollevo o colpisco lo speedbag, non ho alcun problema. Dietro ai tamburi sono in forma al 100%...
Oltre a suonare in studio e tour fai anche delle clinics? Sì, ne ho fatte e mi piace tantissimo! Abbiamo appena portato il Bonzo Bash al Namm Show in Russia. Lo show era il sabato sera, mentre la domenica ho fatto una clinic e mi sono divertito molto. Mi piace incontrare altri batteristi, dare dei suggerimenti e, soprattutto, rispondere alle loro domande. Ricordo ancora una clinic in cui abbiamo discusso parecchio sulla tecnica della cassa di John Bonham: era stato un meeting molto interessante ed istruttivo.
Sei stato nel nostro Paese parecchie volte con varie band: hai qualche ricordo particolare? Ricordo la prima volta… era il 1995, con Slash… era un festival blues [Pistoia Blues]: beh, era stato fantastico suonare in mezzo ai vecchi palazzi del centro di quella città! Ricordo di aver suonato, credo a Milano, nel 2005, a un festival con altri grandi nomi: Oasis, Velvet Revolver, Billy Idol, Motley Crue… Ricordo che dopo lo show eravamo tornati in hotel: nella hall c’era un pianoforte e a un certo punto ci eravamo trovati a suonare Who Are You: Billy Idol cantava e suonava il piano, io e Zack Starkey suonavamo le poltrone (!) e Noel Gallagher faceva i cori. Un ricordo fantastico! Chi avrebbe mai detto che mi sarei trovato in una situazione simile? A proposito di Oasis, io non ne sapevo molto, ma penso quei due fratelli [Noel e Liam Gallagher] siano grandiosi… e poi, a loro, non fotte nulla di nulla!