Primo album solista per Daniele Piu, batterista sassarese poco più che trentenne ma in possesso già di un invidiabile curriculum e una certa maturità sullo strumento. Il disco in questione, Drum Experience, è stato infatti interamente composto e suonato da lui, cosa non sempre frequente tra i batteristi, e mette in evidenza la capacità di mescolare gradevolmente i suoni delle tastiere con i loop elettronici. Probabilmente proprio la padronanza di altri strumenti musicali ha favorito l'elaborazione di un drumming posto al servizio dei brani; da segnalare anche un uso misurato dei soli, altra inconsueta scelta per un disco di un batterista.
Del resto Daniele proviene da studi e esperienze importanti: diplomatosi nel 2010 al Conservatorio di Sassari ha suonato con varie Orchestre sinfoniche e jazz (tra le tante, quella di Sassari, Cagliari e Trieste), inoltre ha maturato una certa esperienza in ambito didattico “sul campo” (insegnante di Percussioni ad Alghero) ma anche in ambito dimostrativo; ha infatti tenuto varie clinic condividendo la scena con mostri sacri come Dom Famularo e fenomeni contemporanei come Chris Coleman, senza contare i prestigiosi marchi di cui è endorser (Ludwig e Remo per citarne alcuni). Insomma le basi ci sono tutte per
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produrre un disco piacevole e dotato di un bel suono. Tra l'altro, dal 2012, Daniele ha iniziato anche la carriera di produttore fondando la sua etichetta, la Isula Records ad Alghero, altro passo che a mio avviso ha favorito un modo diverso nell’approcciare alla composizione e all'esecuzione dei brani.
L’album è stato registrato al Soundroom studio di Alghero da Maurizio Pinna (co-fondatore della Isula Records) il quale ha curato anche il mix. La masterizzazione porta invece la firma del Capitol Studio di Los Angeles. Il primo brano del disco, Lift, è una suggestiva song scritta insieme al compositore/batterista Kaz Rodriguez, famoso anche per aver fornito tracce di accompagnamento utilizzate da grandi batteristi come Gerald Heyward, Chris Coleman o Aaron Spears. Il brano si apre con una interessante introduzione in ¾ in sedicesimi accentati sul rullante per poi sviluppare un efficace groove in quattro. Daniele mette in evidenza fluidità e maturità nell’assecondare l’incedere, a tratti evocativo, del pezzo.
Anche nel secondo brano, Freedom, prevalgono atmosfere molto rarefatte che preludono all’ingresso della batteria. Come nel brano precedente è il rullante, in sedicesimi, ad essere messo in evidenza; molto interessante il solo, mai eccessivo e ben calibrato, come nel complesso sono i primi due pezzi dell’album.
Si prosegue nell’ascolto con il brano Interlude, dominato da un’accattivante melodia di pianoforte che ricorda atmosfere ambient e chill out. Il punto di forza della batteria presente in questo brano è, a mio avviso, rappresentato dalla sua essenzialità. Del resto questo brano va inteso come un respiro prima della song successiva, China Experience, che rivela sin dalla melodia iniziale il riferimento geografico del titolo. Il groove di batteria, netto e ballabile, cresce mano a mano senza sbavature.
Con il brano Memories sembra di essere tornati agli anni ’80; echeggia infatti una certa New Wave filtrata dai suoni della moderna tecnologia digitale. Anche in questo brano la batteria è intelligentemente al servizio dell’incedere ritmico e melodico della canzone perché, è bene ripeterlo, di questo si tratta e non, come spesso accade, di un brano che sembra pensato per essere ascoltato esclusivamente alle demo delle fiere. Direi quindi che si tratta di un bel punto a favore di Daniele.
I successivi due brani rappresentato due sentiti omaggi a due giganti dello strumento, Ralph Angelillo, leggendario batterista canadese capace di organizzare per decenni il più grande Drum Fest del Nord America e Dom Famularo, la cui fama di grande didatta è riconosciuta da oltre trent’anni.
Il primo brano, Drum History, sembra quasi una colonna sonora per un docufilm su Angelillo, ed è caratterizzato ancora una volta da una batteria essenziale ma, particolarmente potente sin dal break iniziale.
Il secondo, Drum Legend, è l’unico brano del disco che supera i 4 minuti e mette in evidenza un suono di batteria molto d’ambiente nella sua parte iniziale per poi asciugarsi. Si tratta di un ben definito groove in quattro che si fa apprezzare per la sua pulizia e le finezze sul charleston. Al centro del pezzo è presente un altro solo di batteria caratterizzato da un ottimo uso delle pause prima di ritornare sul groove che, in crescendo, porta al finale.
In chiusura è presente la bonus track Cinematic; in questa song la batteria si muove essenzialmente attorno ad un loop evidenziando fraseggi soprattutto sui tom e sui piatti, alternati all’incedere di un classico rock groove.
In conclusione, direi che va apprezzata non poco l’idea di fare un disco “batteristico” contenente molti spunti non soltanto per gli amanti del nostro strumento. La ricerca dell’equilibrio tra i suoni elettronici e le dinamiche acustiche rappresenta una sfida che reputo vinta. Molto interessanti poi le soluzioni solistiche di Daniele, come detto equilibrate e misurate. Infine, last but not least, la sicurezza del portamento risulta senz’altro un ulteriore punto a favore, capace di rendere questo album meritevole di un attento quanto godibile ascolto.