Ginger Baker R.I.P.

Redazione 07 ott 2019
Peter Edward “Ginger” Baker è una leggenda, inutile girarci attorno. Drumming d'alta scuola ed incarnazione del rock blues con i suoi Cream passati alla storia, Ginger ieri, 6 ottobre 2019, ci ha lasciato. Aveva compiuto da poco 80 anni.

Nato a Lewisham, periferia sud di Londra (19 agosto1939), Ginger Baker è stato uno dei primi grandi batteristi rock, un’autentica superstar. La sua ascesa all’empireo musicale è strettamente legata ai Cream, incarnazione del power trio e antesignani di quel genere destinato a passare alla storia come rock blues, pur se il vero amore è sempre stato il jazz.

All’inizio degli anni Sessanta rivolge l’attenzione alla neonata scena blues inglese. L’anno della svolta è il 1962 (non solo per Beatles e Stones). E’ allora, infatti, che Charlie Watts convinto dai canti ammaliatori delle sirene Jagger e Richards (gli Stones, appunto) decide di cedere alle lusinghe abbandonando il suo posto dietro la batteria della Blues Incorporated di Alexis Korner.

Prima di andarsene fa il nome di Baker come possibile sostituto e, visto che Korner tiene molto in considerazione il fiuto di Watts, decide di assecondarlo. E’ qui che Ginger muove i suoi primi passi, sui palchi angusti di locali ...
l'articolo continua  

info intervista

Ginger Baker
fumosi, spesso ben al di sotto degli standard minimi di igiene e sicurezza. Ma è il clima, l’atmosfera che conta... è qui che si respira aria di grande rinnovamento.
Baker affina uno stile già quasi totalmente plasmato e fa amicizia, tra gli altri, con il bassista Jack Bruce e l’organista/sassofonista Graham Bond, due personaggi destinati a rivestire un ruolo di primaria importanza nella sua formazione artistica.

Nel 1963 Bond, Bruce e Baker lasciano la band di Korner e si mettono in proprio dando vita alla Graham Bond Organisation, la cui musica è un mix unico di jazz e R&B in grado di assicurarsi un numero sempre crescente di devoti fan. La magia della “Organizzazione” dura sino all’inizio del 1966 quando il chitarrista Eric Clapton, deluso dalla piega presa dagli Yardbirds - a suo dire divenuti troppo pop oriented sacrificando l’essenza del blues sull’altare d’interessi più meramente commerciali, e dunque esecrabili per un purista del suo stampo - incontra Jack e Ginger scoprendo di avere una passione comune: il blues, appunto. Nascono i Cream. E il resto, come si suol dire, è storia.

Ginger Baker diviene famoso per i lunghi e pirotecnici assoli [Toad, sull’album Wheels Of Fire ne è un esempio eclatante] e nell’arco di pochi mesi il power trio viene eletto “miglior gruppo inglese”. Fama e successo che non tardano ad attraversare l’Atlantico rendendo i Cream, insieme alla Experience Band di Hendrix, il trio rock più acclamato e apprezzato.

Baker intanto assume il ruolo di vero e proprio maitre à penser, un esempio per qualsiasi batterista desideri cimentarsi con il rock blues e i suoi derivati. Non solo. Fissa nuovi standard stilistici, soprattutto grazie al peculiare uso della doppia cassa, allora una novità, dando dignità all’assolo lungo ed articolato. Mitch Mitchell, Keith Moon, Ringo Starr e lo stesso Charlie Watts per bravi e creativi che siano, non reggono tecnicamente il confronto con questo ragazzo allampanato e ossuto, dai riccioli rossicci (... da qui il nomignolo Ginger) e la sigaretta accesa pendente perennemente dalle labbra.

Sono anni intensissimi; poi, nel 1968, l’addio definitivo. Ginger ed Eric formano con il polistrumentista Stevie Winwood e il bassista Rich Gretch i Blind Faith, altro supergruppo. Sette mesi di vita, un discusso album (a cominciare dall’artwork di copertina) e l’inevitabile scioglimento. La fine? Neanche per sogno.

Baker si rimbocca le maniche e fonda i GB Air Force. Poi, nel 1971, si trasferisce in Nigeria, dove apre uno studio di registrazione, il primo tecnologicamente avanzato in terra d’Africa, imbastendo interessanti collaborazioni col maestro dell’Afrobeat Fela Kuti e lo stesso Paul McCartney, che vi registra l’album Band On The Run.

Nel 1974 è la volta della Baker Gurvitz Army, con cui inciderà tre album prima dello split nel 1976, mentre negli anni Ottanta pubblicherà vari album a suo nome, uscendo in tour con gruppi jazz, rock e persino ensemble di musica classica.
Poi torna al rock blues vero e proprio nel 1994 con i BBM (Baker, Bruce, Gary Moore), ennesimo power trio destinato a vita breve. Un album e via.

Il cerchio pare chiudersi il 12 gennaio 1993, quando i Cream sono introdotti nella Rock’n’Roll Hall Of Fame ritrovandosi insieme sullo stesso palco dopo 25 anni. Una reunion destinata a non avere seguito, profetizzano molti. (Quasi) vero. Dovranno infatti passare altri 12 anni, ma nel 2005 Jack, Ginger ed Eric tornano a suonare insieme, deliziando i fan accorsi al Madison Square Garden di New York e sotto l’augusta volta della Royal Albert Hall di Londra con il meglio del loro repertorio: da Badge a I’m So Glad, da Crossroads a Sunshine Of Your Love.

A 66 anni suonati, Baker dimostra come il talento, quello vero, non conosca dati anagrafici superando con il massimo dei voti l’ordalia del tempo. La sua performance è priva di increspature e sbavature e raggiunge il culmine nella riproposta di Toad : una sorta di vademecuum per chiunque decida di suonare la batteria. Ovviamente, bisogna dirlo, anche stavolta Paganini non ripete! Piovono offerte incredibili, fuori da ogni logica di mercato per un possibile Cream Tour, ma i nostri sono irremovibili. Ognuno torna alla propria vita. Che per Ginger significa (ri)avvicinarsi al jazz, prima e indimenticata passione.

Oggi è in tour: poche e selezionate date con un quartetto denominato Ginger Baker’s Jazz Confusion (featuring Pee Wee Ellis). A chi non lo sapesse, diciamo che Ellis, sassofonista e musicista di razza, ha studiato il sax con Sonny Rollins divenendo negli anni 60/70 una leggenda del funk nella sezione fiati di quella che è stata, con tutta probabilità, la miglior band di James Brown, col bassista Alec Dankworth e il percussionista Abass Dodoo.

A 73 anni Ginger Baker si destreggia con padronanza dietro i tamburi mostrando peraltro tutto il suo buon gusto. Non male per uno che già negli anni Sessanta pareva destinato a un evento ritenuto... altamente probabile!

Anno 2012 - Incontriamo Ginger Baker nell’hotel in cui alloggia a Milano nei pressi del Blue Note in cui si esibirà stasera col suo Jazz Confusion Quartet... Camicia rossa, giubbotto nero e jeans della stessa tinta, legge un foglio fumando l’ennesima sigaretta. I capelli bianchi incorniciano un volto solcato da rughe profonde, quasi a testimoniare cinquant’anni passati a sfidare la buona sorte non negandosi alcun privilegio riservato alle rockstar.

La voce è roca e profonda, interrotta da lievi colpi di tosse e le frasi escono a singhiozzo, il più delle volte tronche. Di sorridere non se ne parla. Ci squadra, tende la mano ossuta e ci fa segno di accomodarci... Abbiamo con noi Disraeli Gears dei Cream, ma non sappiamo se confessarglielo: potrebbe distruggercelo con un paio di battute. Perché, lo scopriremo domanda dopo domanda, Ginger è insoddisfatto di tutti o quasi i progetti musicali a cui ha preso parte...
I Cream? “Mi piace il primo album. Punto”
I Blind Faith? “Una delusione”.
I BBM? “Lasciamo perdere. Gary Moore non potrà mai essere Eric Clapton!”
La reunion dei Cream? “L’offerta era allettante e ci siamo anche divertiti. Ma ogni bel gioco dura poco. Meglio così...”
Ginger Baker è fatto così... non possiamo che perdonargli tutto!

“Quello che facevo allora con la batteria era unico, come del resto oggi. Sin dal primo giorno che ho impugnato le bacchette il mio stile è stato inimitabile...” Ginger Baker


Come è nato il progetto Jazz Confusion ?
Già da qualche anno suono con Abass (Dodoo, il percussionista ghaniano) e avevo avuto modo di provare con Alec (Dankworth, bassista elettrico/acustico), mentre non conoscevo Pee Wee [Ellis]. Ci hanno presentati e abbiamo iniziato a suonare poco dopo: ha funzionato ed eccoci qui. Sul palco presentiamo brani miei, qualcuno di Pee Wee e un paio di cover di Sonny Rollins e Thelonious Monk. A volte, anche un omaggio a Miles Davis e a Wayne Shorter (Footprints). Mi piace questo mix di influenze, è un po’ come ripercorrere la mia vita di artista: ritmi tribali, un tocco di blues e una dose di jazz. In fondo, questa è sempre stata la ricetta che preferisco.

In scaletta, appunto, anche brani di Pee Wee Ellis: ce lo presenti?
Pee Wee ha fatto parte della sezione fiati di James Brown, in una delle sue formazioni più famose ed è quasi una sorta di leggenda del funk. Naturale dunque che abbia spazio in questo combo. Tra le sue composizioni quella che preferisco è Twelve And More Blues, molto swingante e adatta a me. Mi piace suonarla, anche perché mi permette di improvvisare, di ricamarci sopra la base melodica nella migliore tradizione jazz. Tra gli altri brani, citerei Ginger Spice, Ginger Blues [quest’ultima a firma Charlie Haden, con cui Baker ha suonato e inciso, in passato] e Cyril Davies, dedicata al pioniere del british blues, in cui la musica subisce un decisa sterzata di umore, il ritmo diventa monolitico mentre Ellis sfodera uno dei suoi assoli migliori.

Come bis suonate spesso St. Thomas di Sonny Rollins...
Si tratta di un quasi calypso, il giusto finale. Però la scaletta è soggetta a cambiamenti e viene decisa sera per sera. Il jazz impone una certa elasticità.

Dal presente al passato. La batteria è stata il tuo primo strumento?
Cosa mi ha portato a lei? Dio solo lo sa! [ride] In realtà già da bambino battevo sulle pentole della cucina e su altre superfici con posate e mestoli facendo impazzire mia madre. A scuola mi occupavo di dare il ritmo alle feste percuotendo i banchi e le sedie. Uno dei miei compagni si chiamava John Finch. Un giorno mi invitò a una festa a casa sua dove c’era una band che suonava e, visto che molti presenti ricordavano le mie “esibizioni” sui banchi, mi invitarono a suonare dietro una vera batteria. Non mi ero mai seduto sullo sgabello di un drummer eppure tutti parevano nutrire la massima fiducia nelle mie possibilità. Impugnai le bacchette e… mi misi a suonare! Devo aver fatto una bella figura poichè gli altri della band presero a esclamare “ehi ragazzi, abbiamo un nuovo batterista!” Nella mia mente si accense la classica lampadina. “Allora ce la posso fare, sono un vero batterista!” mi misi a pensare...

... da lì passi di fatto al drumkit?
Tornato a casa mi misi alla ricerca di un drumkit e scoprii che un amico intendeva disfarsi del suo: era composto da rullante, cassa, tom, hi-hat e un piatto. Sfortunatamente costava troppo, così mia madre fu costretta a dirmi di no. Ripiegai su un kit giocattolo, in pratica una semplice scatola di biscotti... una sola pelle sulla cassa, tom ultra sottile e come bacchette due pezzi di legno plastificato. Un po’ misero, ma non mi impedisce di formare una band con mio cugino. Ecco, questo è stato il mio debutto come batterista! Da allora non mi sono più fermato, suonando come un matto e facendomi coinvolgere sempre a livello emozionale, quasi fosse l’unica ragione di vita. Anzi, forse è proprio così. Ho sempre avuto un’unica regola: non seguire le mode del momento, non imitare il batterista-in, ma cercare di essere in primo luogo me stesso. Naturalmente ho avuto anch’io dei modelli di riferimento e Buddy Rich e Phil Seaman ne sono un esempio, ma il mio stile è rimasto immutato negli anni: unico ed inimitabile.

Nel 1966 nascono i Cream...
Il primo super gruppo, una definizione coniata appositamente per noi. Io, Jack Bruce e Graham Bond avevamo formato la Graham Bond Organisation, e andavamo forte. Un giorno incontrai Eric Clapton, che nel frattempo aveva lasciato gli Yardbirds e bazzicava John Mayall e ci mettemmo a parlare. Francamente non sapevo che fosse già così famoso ma sapevo che mi piaceva il suo modo di suonare: “sto mettendo insieme una band, vorresti farne parte?” - gli dissi. “Certamente” - rispose senza pensarci un attimo. Mancava il bassista ed Eric suggerì Jack [Bruce]. “Oh cavolo, no!” - penso tra me e me. Il fatto è che i rapporti tra noi non erano idilliaci e il periodo con Graham Bond aveva acuito certi dissapori. Risposi che ci avrei pensato su. Forse avrei dovuto dirgli subito “assolutamente no!” ma preferii parlarne con mia moglie, alla quale Jack era sempre stato simpatico. Lei mi convinse a concedergli un’ultima possibilità. Per farla breve, il giorno dopo bussai alla sua porta. Jack aprì e fu chiaramente sorpreso di vedermi. Qui le versioni divergono un tantino. Jack sostiene che sia andato da lui per scusarmi, per cospargermi il capo di cenere, mentre io ci andai solo per parlargli di questo nuovo gruppo. Beh... alla fine si convinse. Tornai a casa e chiamai Eric, confermandogli che Jack era dei nostri. Avvertii Chris Welch perché lo scrivesse su Melody Maker: un piccolo articolo che però mandò Jack su tutte le furie poiché non aveva ancora detto a Manfred Mann, con cui suonva, che stava per lasciarlo. La qual cosa non contribuì certo a migliorare il nostro rapporto! [ride]

Un tuo giudizio, oggi, sui Cream?
Il primo album, Fresh Cream, mi piace perché è pieno di ottime idee ben sviluppate. Gli altri, Disraeli Gears compreso, non mi soddisfano.

I Blind Faith?
Un’operazione in cui non ho mai creduto troppo. Il business ha giocato la sua parte, anche se eravamo tutti abbastanza coinvolti. L’album non fu un capolavoro, sebbene abbia fatto parlare a lungo di sé, soprattutto per via della bambina nuda in copertina! Alcuni avevano persino sospettato che fosse mia figlia... scherziamo? Comunque, capitolo chiuso.

Parliamo delle tue maggiori influenze?
Sono sempre stato un appassionato di jazz, dunque Max Roach ed Elvin Jones sono i miei riferimenti... ci sono pochissimi batteristi riconoscibili al primo beat. Oggi non esistono più i Max Roach e gli Art Blakey. Tutti i batteristi, jazz e rock, suonano in modo simile e assai prevedibile. Credo che il grosso problema stia nel fatto che i giovani non conoscono i rudimenti... e si sente! Studiare l’abc è lungo e noioso ma assolutamente essenziale. Io li conosco bene ed ecco perché il mio stile è unico ed originale. Senza lo studio dei paradiddles non sarei stato capace di eseguire poi degli soli. E’ strano, ma quando suonavo modern jazz venivo accusato di essere un batterista rock... e anche a tutt’oggi non mi considero tale. Nasco jazzista e lo sarò sempre. I Cream, in fondo, erano una jazz band: l’80% della nostra musica era improvvisata. Ma se questo vuol dire essere rock... allora mi sta bene!

Ci parli del tuo attuale drumkit?
Si tratta di una batteria DW Drum Workshop. Sino agli anni ‘90 ho usato batterie Ludwig [ai tempi dei Cream, 1966-1968, era una Silver Sparkle con due casse assemblata espressamente per Ginger da Drum City di Londra...], poi è venuta a mancare il servizio assistenza. Dal canto suo, DW mi garantisce il totale appoggio in tal senso, senza dimenticare che questo marchio è sinonimo di tamburi di alta qualità!

Piatti e bacchette?
Uso Zildjian, praticamente da sempre!

..................................................................................................................

Ginger Baker gear

DW Drum Workshop
Tom 10”x8”. 12”x9”. 13”x10”. 14”x12” - Casse: 20”x14” e 22”14” - Rullanti: 13” Edge Snare e 14” Leedy - Hardware: DW 5000 Accelerator Bass Drum Pedals. DW 5000 HiHat, Snare, Cymbal Stand.

Zildjian Cymbals
16” e 18” A Medium Thin Crash. 20” Ride. 22” Rivet Crash/Ride. 8” A Splash. 14” HiHat.

Zildjian Ginger Baker Sticks

.................................................................................................................
Ginger Baker in breve

Peter “Ginger” Baker è nato a Lewinsham, nei pressi di Londra, il 19 agosto 1939. E' scomparso il 6 ottobre 2019.

La sua prima esperienza di batterista avviene nel 1958 nella The Storyville Jazzmen di Bob Wallis.
Nel 1961 entra nel The Graham Bond Quartet, presto raggiunto da Jack Bruce (bassista che diverrà in seguito suo compagno di band dei Cream). Si unisce quindi alla Blues Incorporated di Alexis Corner.

L’apice di successo e fama arriva tra il 1966 e il 1968 con i Cream, il rivoluzionario trio formato dallo stesso Baker alla batteria, Eric Clapton alla chitarra e Jack Bruce al basso.

In seguito milita nei Blind Faith e collabora con una lunga schiera di altre band, tra cui Hawkwind e Masters Of Reality. Si dedica anche ad alcuni progetti da solista.

Drumming d'alta scuola, Ginger Baker ha influenzato un nutrito stuolo di celebri batteristi, tra cui Charlie Watts (Rolling Stones), John Bonham (Led Zeppelin), Ian Paice (Deep Purple), Nick Mason (Pink Floyd) e Roger Taylor (Queen)...

"Hellraiser: The Autobiography Of The World’s Greatest Drummer" [l'autobografia del più grande batterista del mondo] 2010, è il libro tramite cui Ginger Baker ripercorre la sua vita di musicista dalla nascita alla reunion dei Cream del 2005...

Con i Cream
1966 – Fresh Cream
1967 – Disraeli Gears
1968 – Wheels Of Fire
1969 – Goodbye
1970 – Live Cream Vol 1
1972 – Live Cream Vol 2
2005 – Royal Albert Hall, London: May 2005







© 2016 Il Volo Srl Editore - All rights reserved - Reg. Trib. n. 115 del 22.02.1988 - P.Iva 01780160154